"Good Kill", la guerra dei droni è al cinema

Un film sulla guerra a distanza combattuta con i droni, in cui si "teorizza" che i sopravvissuti alle azioni militari preventive di oggi si trasformeranno nei terroristi di domani

"Good Kill", la guerra dei droni è al cinema

Presentato in concorso alla 71° edizione della Mostra del Cinema di Venezia, "Good Kill" è un dramma militare girato da Andrew Niccol, già regista di "Gattaca" e sceneggiatore di "The Truman Show". La pellicola mostra da vicino cosa significhi combattere una guerra con mezzi tecnologici come i droni e pone quindi quesiti decisamente attuali, oltre che affrontare questioni morali pesanti.

Tommy Egan (Ethan Hawke) è un ex-top gun che, dopo sei missioni, è stato messo a terra, vicino ai suoi cari, a pilotare velivoli invisibili: droni armati con missili balistici che sorvolano a 3 km dal suolo i territori dall'Afghanistan allo Yemen, quelli in cui si lotta per eliminare il terrorismo. Li guida come fosse seduto di fronte ad un videogame, da dentro un box con aria condizionata nel deserto vicino a Las Vegas. Apparentemente lui e i suoi colleghi non rischiano nulla, ma la loro salute mentale si va via via compromettendo: non è facile continuare a obbedire mietendo, come danni collaterali, anche la vita di donne e bambini.

Etan Hawke è convincente nei panni di quest'uomo che vorrebbe con tutto se stesso tornare a volare e che si sente sempre più alienato dall'essere diventato un "impiegato della morte". Nel passaggio dai comandi di un F-16 a un banale joystick ha smarrito se stesso e sente che una guerra combattuta in questo modo è vigliacca e disonorevole. Compiere azioni discutibili dal punto di vista etico, ad esempio colpire folle di civili inermi perché usati come nascondiglio dai nemici, lo consuma da dentro e lo rende anaffettivo anche nel ruolo di marito e di padre.

A dargli ancora più consapevolezza di quanto siano subdole quelle efferate operazioni ci sono le considerazioni della sua co-pilota (Zoe Kravitz), la quale si domanda se quel modus operandi non stia in realtà creando più terroristi di quanti ne stia uccidendo. E' lo stesso dubbio drammatico che prende piede nello spettatore e che si tramuta sempre più in certezza.

Nonostante i molti spunti di riflessione che

nascono da un siffatto soggetto, il film non può dirsi un colpo andato completamente a segno: parte del suo ambizioso potenziale rimane inespresso a causa di una direzione non impeccabile e di uno svolgimento a tratti piatto.

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