Al Museo Archeologico Paolo Orsi di Siracusa l'artistar porghese Joana Vasconcelos ha incoronato un idolo cicladico, concesso all'istituzione siciliana dal Museo di Arte Cicladica di Atene, con la sua opera Crown, esposta per la prima volta a Londra dieci anni fa, in occasione del 60esimo anniversatio dell'incoronazione della Regina Elisabetta. Nasce da questo originale cortocircuito europeo spazio-temporale l'installazione Crowned Idols, Idoli Incoronati, curata da Demetrio Paparoni, a dimostrazione che l'arte contemporanea è tale quando scava alle sue radici più profonde. Ne parliamo con Vasconcelos, occhialetti rossi e frangetta nera, tra le più importanti artiste europee della sua generazione, famosa per le installazioni colorate. Prima Biennale nel 2005 a 34 anni con l'opera La Sposa, un lampadario realizzato con tampax che la rese celebre in tutto il mondo, prima artista donna chiamata ad esporre a Versailles dove ha attratto un milione e mezzo di visitatori e prima a inventarsi, per la Biennale di Venezia del 2013, un padiglione fluttuante, oggi dirige a Lisbona un atelier che dà lavoro a quasi 60 persone, con commissioni in mezzo mondo (incluso il maniero nell'Oxfordshire di Lord Rothschild, dove a settembre realizzerà nel parco una enorme torta nuziale in azulejos). Abituata agli spazi aperti e ai saloni, a Siracusa si è chiusa in un museo.
«Merito del fascino di questo idolo cicladico: pare una scultura astatta, minimale. È una creazione di oltre 5 mila anni fa».
Le fa effetto?
«Il bello del contemporaneo è poter attingere alla storia dell'arte nella sua interezza. A Siracusa siamo in uno spazio circolare, con al centro un idolo cicladico scolpito 2800 anni prima di Cristo, accanto a pezzi della collezione museale di arte greca e romana. Il tutto è collegato dalla mia scultura tessile. È un'opera d'arte totale, un ponte tra passato e presente, un monito».
In che senso?
«L'idolo è sopravvissuto a cataclismi, guerre, saccheggi. Se si bombarda Odessa o qualsiasi città dell'Ucraina, si rade al suolo la capacità di connetterci con il passato. La memoria di ciò che è stato dà la possibilità a noi e quindi anche all'arte contemporanea di esistere. La mia installazione riflette sull'importanza di tenere insieme culture, tradizioni, mondi diversi. Odessa appartiene al patrimonio mondiale proprio come questo idolo».
Perché ha voluto incoronare l'idolo?
«Ho scelto di riproporre un lavoro che avevo già presentato per il 60esimo anniversario dell'incoronazione della Regina Elisabetta, una gran donna, quando gli studiosi mi hanno spiegato che di solito gli idoli cicladici sono maschili. Questo invece è femminile: un'eccezione da celebrare».
C'è davvero bisogno di incoronare il femminile?
«Ce ne sarà bisogno finché la condizione della donna è paritaria solo in alcuni posti. Parliamo di sostenibilità, ecologia, femminismo mentre un Paese come l'Afghanistan può decidere di negare la scuola alle bambine sopra ai 12 anni».
Nell'installazione a Siracusa ha voluto inserire anche una statuetta della Madonna di Fatima...
«Provengo da una famiglia repubblicana e agnostica, non ho ricevuto una particolare educazione religiosa, ma anni fa mi sono recata al Santuario di Fatima per studiare il fenomeno del pellegrinaggio e della devozione mariana.
Ho intrapreso da allora un cammino personale che continua ancora. Ho voluto inserire una statuina della Madonna per portare a Siracusa un po' della mia cultura, della mia eredità. Non dobbiamo mai dimenticare da dove veniamo».
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