L'anniversario non poteva essere dimenticato neppure in questi giorni pasquali: il 22 aprile del 1909, centodieci anni fa, nasceva a Fucecchio, vicino a Firenze, Indro Montanelli, il più grande testimone del secolo breve, e giornali e tv hanno dedicato ampio spazio alla ricorrenza. Tutto come previsto perché di Montanelli ce ne è stato uno solo e ancora oggi generazioni di giornalisti a cominciare dai colleghi del Giornale, che è stata sempre la sua creatura prediletta anche dopo aver tentato nuove avventure continuano a diffondere i suoi insegnamenti a dispetto di internet e social che hanno soppiantato la mitica Olivetti Lettera 32 del Grande Vecchio.
Per tutta la vita Indro si è considerato un direttore di bandiera perché, recitava, la mattina veniva issato sul pennone a sventolare, come una specie di simbolo a futura memoria, ed ammainato solo la sera tardi. In realtà, lui era onnipresente, pure di notte. In effetti, più che un direttore, è stato un padre spirituale per tanti giornalisti allora in erba (i Montanelli boys) che hanno imparato il mestiere da un toscanaccio come Cilindro che non ha mai voluto avere figli perché, confessava un po' scherzosamente, non si sa mai chi ti metti in casa. Mi sono chiesto più volte per quale motivo Indro mi prese in simpatia e mi dette tanto spazio nel giornale: forse il motivo è che sono romagnolo come romagnolo era Leo Longanesi, il piccolo-grande uomo da lui considerato il suo vero maestro, più dello stesso Prezzolini. Tutta la lunga vita di Montanelli è stata un vero romanzo: da come diventò giornalista (aveva scritto un articolo sull' Universale di Firenze in difesa di un giovane ebreo e venne lodato proprio da Mussolini che, qualche anno prima delle leggi del 1938, gli disse che il razzismo è roba da biondi ariani) a come scoprì di essere anche uno scrittore (il diario che tenne quando era tenente degli ascari in Etiopia fu, a sua insaputa, raccolto e pubblicato in Italia da Montanelli senior). Ma al di là delle infinite esperienze, degli scoop (che lui non amava perché, diceva, il cronista viene in qualche modo strumentalizzato), delle tante avventure da inviato speciale e della sua grandissima capacità di sintesi, il vero segreto di Montanelli è stato uno solo: l'indipendenza e l'autonomia di giudizio che lui riassumeva con le parole sono un giornalista, soltanto un giornalista). E' la frase che il Direttore ha ripetuto anche all'allora presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, che, all'inizio degli anni Ottanta, gli aveva offerto di diventare senatore a vita.
Preferiva restare sempre fuori dal Palazzo: come dargli torto anche alla luce di quest'Italia del Duemila? Indro se ne é andato con l'inizio proprio del nuovo millennio e non poteva essere diversamente. In tutti i sensi.
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