"Io, Don Chisciotte contro i preti falsi della letteratura"

Il romanzo più folle del nostro scrittore più irregolare: "Odio gli autori realistici che rubano da Storia e cronaca"

"Io, Don Chisciotte contro i preti falsi della letteratura"

Già: come c'è finito Antonio Moresco, scrittore così disdegnoso, così alieno, sempre così understatement, a finire sulla copertina del suo nuovo romanzo - titolo scarno ed essenziale: Chisciotte (Sem) - in camicia da notte bianca e cappello piumato, con quell'espressione idiota (a suo dire) ed eroica?

«Non lo so neanch'io di preciso. Non me lo sarei mai immaginato. Ma la storia che racconto la sentivo talmente mia, che era giusto metterci la faccia. E così ho fatto anche questa corbelleria..».

La storia che racconta Antonio Moresco, autore increato e oggi glorificato, è quella di don Chisciotte - «il personaggio letterario che più amo» - ma reinventato e scaraventato, in un normalissimo oggi, dentro il reparto di Psichiatria di un ospedale qualunque, in una città qualsiasi. Il suo fedele infermiere, Sancio, è un tamarro social addicted - piercing, tattoo, pancia e jeans a vita bassa. Dulcinea una ricoverata in Ortopedia completamente ingessata, tranne gli occhi e il sesso. Il primario un mad doctor dal camice con lo strascico e l'altalena nello studio. La madonnina del corridoio una statua che cambia posizione a ogni scena. E gli altri pazienti, uno più pazzo dell'altro, si chiamano Emily Dickinson, che soffre di colite, Dante degli Alighieri, il gobbo Leopardi, Omero con cli occhiali da sole, Jonathan Swift sulla sedia a rotelle...

Perché?

«Perché il mondo è così», è la dedica personale, a biro, che mi lascia sul foglio di guardia della mia copia.

Così come?

«Così malato che c'è bisogno di invenzione, di follia, di un sogno. Un mondo in cui occorre un salto di immaginazione. Dove bisogna rompere lo specchio in cui siamo imprigionati e di passare dall'altra parte».

Ma la follia e il sogno non hanno più posto nel mondo. Serve realtà, concretezza, numeri, economia, scienza...

«Infatti, lo dicono in tanti. Ma non io. Io rivendico l'idea che attraverso la poesia e la letteratura, attraverso le storie, le invenzioni, il fantastico, l'immaginazione, si possa creare un passaggio verso la vita, quella vera, fuori da questa prigione mentale - bianca, rassicurante, asettica come un ospedale - in cui ci siamo rinchiusi».

Il primario dice di mettersi il cuore il pace, che l'immaginazione è inutile e pericolosa, meglio la realtà.

«Lo so cosa dice il primario, l'ho scritto io: Anche gli scrittori di questa epoca l'hanno finalmente capito. Sono diventati realistici, ragionevoli, si sono fatti furbi. Intrattengono i lettori, stringono alleanze utili, si posizionano nelle istituzioni culturali, nei media, cercano di ricavare più che possono da questa cosa sorpassata che è la letteratura a cui non crede più nessuno, pensano alle loro carriere, a come rimpinguare le loro carte di credito...».

Moresco: ce l'ha con gli scrittori di biografie romanzate? Di non fiction novel? Di romanzi che attingono alla Storia o alla cronaca, senza inventare nulla?

«Ce l'ho con i molti preti falsi della narrativa italiana contemporanea. Quelli che celebrano Messa ma non credono alla potenza che si può liberare attraverso la letteratura. Ce l'ho con chi, come il mio primario, incarna la ragion d'essere del reale attuale, con chi non crede più all'immaginazione, mentre io difendo a spada tratta il valore dell'illusione, delle chimere».

Come don Chisciotte.

«Sì. Ma sostituendo al mondo dei cavalieri antichi gli autori della grande letteratura: i Leopardi, i Dante, i Melville, i Kafka, appunto...».

Gente che non sapeva cosa farsene della cronaca, della Storia e del realismo...

«Io è da tempo che combatto una mia personale battaglia contro i mulini a vento del realismo. Se la letteratura resta ancella della realtà, se non apre un passaggio verso qualcosa d'altro rispetto al passato, cioè la Storia, o il presente, cioè la cronaca, a cosa serve, se non a gratificare economicamente o psicologicamente i suoi autori?».

E per combattere la realtà serve un folle, come Chisciotte.

«Chisciotte non è folle. È un veggente, un profeta. Uno che affronta il ludibrio, lo scorno e la tragedia pur di tenere viva la fiamma della fantasia. Uno che ci dice che non è vero che la realtà è indispensabile, anzi, a volte è una prigione...».

... o un ospedale...

«... da cui bisogna evadere. I Cervantes, i Rabelais, i Rimbaud ci dicono questo».

E cos'altro ci dicono?

«Che non è vero che il mondo è così, è sempre stato così, e sempre sarà così. Loro dicono che il mondo è anche altro».

Loro sono i pazienti ricoverati nel reparto di Psichiatria assieme a Chisciotte: i più grandi scrittori dell'umanità.

«E anche i miei maestri. Quelli che mi hanno aperto nuove strade. Che mi hanno spinto a scrivere. E che torno a rileggere. Come le lettere del pazzo Vincent van Gogh al fratello. O I sette pilastri della saggezza di quel grande sognatore che era il colonnello Thomas Edward Lawrence. O i libri sacri di Teresa d'Avila o di santa Teresa di Lisieux...».

Il romanzo Chisciotte è costellato dalle apparizioni di una statua vivente della Madonna.

«Io mi sono sempre nutrito del sacro. Ho sempre letto i Vangeli e le vite dei santi. Il sacro, inteso in senso lato, serve da punto di fuga rispetto al realismo puro, che è solo una parte della realtà. Noi non siamo il termine di tutte le cose, facciamo parte di qualcosa di più grande. E poi da ragazzo sono stato anche in seminario...».

Da ragazzo ha anche militato nella sinistra extraparlamentare...

«Da ragazzo avevo vive le illusioni di cambiare il mondo e la vita. Non ha funzionato. Quello che ho capito è che non si deve cambiare solo il sistema, ma anche noi stessi. E comunque continuo a fare politica. Coi miei libri».

Questo libro diventerà un film. Forse.

«Stiamo cercando un produttore, illuminato ma non masochista. Il romanzo è il soggetto, trarne una sceneggiatura è facile. E potrebbe venire fuori un film sorprendente, scatenato ed esplosivo. Una bomba sul piano immaginativo».

Il regista?

«I registi. Jonny Costantino e Fabio Badolato, che hanno girato La lucina, dal mio romanzo del 2012».

Chi farà Chisciotte è facile.

«Io. In camicia da notte bianca e cappello piumato, con quell'espressione idiota ed eroica che c'è in copertina»

Il resto del cast?

«A parte Sancio, che ancora dobbiamo trovare (deve essere tamarissimo), tutti gli altri attori li abbiamo già in mente. Dulcinea - per i motivi che chi leggerà la storia capirà bene - è Valentina Nappi, la pornostar. Il primario è Walter Siti... Me lo immagino sull'altalena che dice: Dondolare, dondolare.... L'infermiera che fa il clistere a don Chisciotte è Tiziano Scarpa vestito da monaca. Il capo degli infermieri che grugniscono come maiali, Dario Voltolini. La statua della Madonna, la critica Carla Benedetti. Mentre per interpretare i grandi scrittori hanno già dato la loro disponibilità Alessandro Baricco, Daria Bignardi, il mio editore Ricky Cavallero, il filosofo Jean-Luc Nancy, il poeta Antonio Riccardi...».

Tutti che si aggirano come matti nella prigione bianca in cui Don Chisciotte è rinchiuso...

«... in cui tutti siamo rinchiusi».

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