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Joss Stone, l'ex ragazzina malata di soul

Nel 2003, a 16 anni, pubblica l'album The Soul Sessions esplodendo nel mondo della musica con la sua vocalità potente, da bianca inglese che sa tenere il passo con le canzoni di Aretha Franklin e Otis Redding. In un decennio ha dimostrato di essere una artista solida e convincente, con una profonda anima soul e, dopo una serie di collaborazioni importanti (da James Brown a Ringo Starr) e di ottimi dischi, pubblica in questi giorni Soul Sessions 2, ricollegandosi al disco che l'ha resa famosa. «Ma non è un ritorno alle radici - puntualizza la Stone - né tantomeno un'operazione commerciale, è la voglia di tornare a cantare alcuni dei brani soul che più mi piacciono. Io guardo sempre avanti, scrivo canzoni, preparo il mio futuro artistico ma non dimentico che il mio amore è la musica nera». Ribelle a scuola e precoce artisticamente («non mi sono mai piaciute le regole, ho un temperamento creativo e questo mi aiuta nella mia carriera») Joss Stone è nata col talent show inglese Star For a Night, un po' come Leona Lewis. «Non c'è nulla di male nei talent se servono come vetrina per farsi conoscere, ma bisogna avere le doti e il repertorio per continuare con le proprie forze. Io ce l'ho messa tutta, ho creduto nelle mie capacità e ho trovato un produttore come Steve Greenberg che mi ha aiutata a crescere».
A crescere rapidamente come donna e come cantante, tanto da piazzarsi tra le cinque artiste più ricche del Regno Unito sotto i 30 anni. «Ma non ho mai cantato per i soldi, piuttosto per passione o per protesta, ma sempre per raccontare le mie emozioni», dice con un pizzico di piaggeria. E al loro fianco l'hanno voluta in tanti, dal bizzoso James Brown con cui ha interpretato It's a Man's World e Papa's Got a Brand New Bag in un programma per la BBC («James è una forza della natura, un personaggio che ti intimorisce solo a vederlo e con una voce che viene ora dal paradiso ora dall'inferno», ricorda di lui), con Ringo Starr («un genio assoluto») e con Mick Jagger e Dave Stewart nel recente esperimento dei Superheavy («un disco che mi ha molto divertito sia per la musica espressa, sia per l'atmosfera di complicità che si è creata tra di noi. C'è stato uno splendido rapporto umano con Jagger, sul lavoro non è così sensuale come sembra, è molto serio e mette l'anima nel rock».
The Soul Sessions 2 dimostra ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la voluttuosa prepotenza della sua voce, ora colloquiale e confidenziale, ora allegramente esplosiva. «Sono bianca, ma i miei maestri sono Aretha Franklin, Etta James, Ester Phillips, Latimore ma anche cantanti jazz come Anita O'Day e Ella Fitzgerald. Queste star hanno lasciato un segno indelebile sul mio stile, che io cerco di personalizzare sempre più».

Brava su disco, la Stone gioca molte delle sue carte anche in tournée: «Porterò le canzoni del disco in giro per il mondo, andrò negli Stati Uniti dove ho un folto pubblico di fan e terrò parecchi concerti anche in Sudamerica, dove interpreterò anche qualche brano latinoamericano».

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