Lea Garofalo, eroina contro la 'ndrangheta

Fu uccisa dai parenti per salvare l'onore della cosca calabrese

L'attrice Vanessa Scalera in posa durante il red carpet della fiction 'Lea'
L'attrice Vanessa Scalera in posa durante il red carpet della fiction 'Lea'

Sotto il segno di Elio Petri e Luca Damiani, ma con una sensibilità nuova. E, se possibile, con mano ancor più efficace rispetto a quanto già fatto con La meglio gioventù e I cento passi. L'ultima fiction civile firmata da Marco Tullio Giordana porta il nome di una donna: Lea. Testimone delle attività della 'ndrangheta prima, finita sotto protezione poi, e infine uccisa proprio dagli uomini che aveva denunciato, Lea Garofalo è un'eroina dei nostri tempi. Non una vittima, come spiega il regista, ma semplicemente un «caduto in battaglia». La guerra è quella contro l'omertà, contro il disagio del Meridione, contro il potere patriarcale delle cosche calabresi. In una realtà, la Calabria, dove le donne non sono ancora libere - come spiega Giordana - di sognare un futuro migliore per i propri figli e di lasciare un marito che non le ama. Alla base della fiction, che ieri ha inaugurato il Roma Fiction Fest, c'è dunque una storia drammaticamente vera. Lea Garofalo (interpretata sul piccolo schermo da Vanessa Scalera) fu uccisa a Milano il 24 novembre del 2009. E gli inquirenti riuscirono poi a incastrare mandanti e assassini anche grazie al prezioso contributo della figlia Denise (Linda Caridi).

Lo sceneggiato, che verrà trasmesso mercoledì 18 novembre su Raiuno, non sarebbe mai stato possibile - spiegano gli autori - senza il contributo dell'associazione Libera di don Luigi Ciotti e dell'avvocato della Garofalo Enza Rando. Grazie al loro contributo e alla ricostruzione di tutti i passaggi processuali Giordana e Monica Zapelli (cosceneggiatrice) hanno potuto confezionare una storia dalle tinte fosche ma scevra da retorica e da ogni tipo di orpello sentimentale. «Una storia simile - spiega Giordana - non aveva bisogno di ritocchi, piena com'è di tali e tanti colpi di scena. Abbiamo semmai lavorato a togliere e sintetizzare. Senza lasciarci prendere dall'emotività. Sapendo che l'unico modo per poter battere la mafia sono le armi della cultura. L'unico avversario che da sempre i mafiosi snobbano e sottovalutano». «Il cinema civile, la letteratura, l'impegno di associazioni e di persone come don Luigi Ciotti - aggiunge il regista - possono rappresentare un'arma efficace e micidiale per sconfiggere la mafia. Perché contribuiscono a rafforzare l'opinione pubblica e quindi minano il terreno dove la mafia vorrebbe proliferare e crescere».

Sempre Denise Cosco e - indirettamente - la madre Lea sono state protagoniste anche in palcoscenico.

Ha debuttato, infatti, quest'anno al festival teatrale di San Miniato, Ogni volta che guardi il mare, monologo scritto dalla giornalista Mirella Taranto e interpretato dall'attrice palermitana Federica Carruba Toscano. La chiave scelta è in questo caso un monologo intimo e lirico sul rapporto madre-figlia.

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