È forse una delle immagini più iconiche dei Queen, quella di Freddie Mercury sul palco di Wembley con le ginocchia piegate e slanciato all'indietro, in una delle sue pose da Freddie Mercury, è stata scattata sul palco nel 1986 da Neal Preston, il fotografo ufficiale dei Queen dal 1977 al 1986, anno dell'ultimo tour della band. Da fan dei Queen ho comprato subito il libro appena pubblicato da Rizzoli (Queen, pagg. 304, euro 50), con gli storici scatti di Preston, e sono rimasto un pomeriggio a guardarli e a pensarli, attraversando un decennio incredibile, e grazie a Preston avendo la sensazione di essere lì sul palco, nei backstage, nella sala prove, durante i sound check, in sala di registrazione, in volo su aereo privato insieme ai Queen.
Neal Preston, per poter scattare queste foto, doveva era sempre con loro, perché «il miglior modo di essere invisibili è essere sempre visibili». Doveva diventare parte dello scenario, ovunque essi fossero, non farsi notare per poter cogliere attimi più spontanei, e li ha seguiti in tutti i tour che hanno fatto la storia della musica. Ma ci sono anche molte foto di altri momenti, le più affascinanti, fuori dalla scena, le foto dei Queen con Michael Jackson, di quando incontrarono Andy Warhol, la scaletta di un concerto scritta a mano e attaccata a una porta di un camerino, Freddie che firma la natica di una ragazza in una delle loro folli feste, Freddie che si trucca prima di andare in scena, Freddie che guarda con la sua storica fidanzata, Mary Austin, delle diapositive (dello stesso Preston immagino), le buffe immagini in Messico, con tutta la band che indossa enormi sombreri. E il Live Aid, il 13 luglio del 1985, al quale i Queen parteciparono (non voluti da molti, perché avevano suonato a Sun City, il politicamente corretto già imperversava, e Red Ronnie ancora oggi si vanta di non aver intervistato Freddie per questo, poveretto) e come spettacolo spazzarono via tutti, da Elton John agli U2, dagli Who a David Bowie, definita da un sondaggio di Virgin Media «la più grande esibizione di sempre», concordi tutti gli altri musicisti presenti.
Ma ciò che più colpisce, inutile dirlo, sono le foto in cui c'è Freddie. Come scrive Preston «Freddie Mercury era Freddie Mercury sempre, non solo sul palco». Quando in una foto c'è Brian May vedete il chitarrista dei Queen, quando c'è Roger Taylor il batterista, quando c'è John Deacon il bassista, e è comunque ovvio che i Queen erano tutt'uno, ciascuno ha scritto qualcuna delle canzoni più belle, ma quando c'è Freddie il suo carisma indefinibile promana anche da una fotografia.
Roland Barthes, nel suo celebre saggio La camera chiara, spiega bene cosa è il punctum di una fotografia. È dove ti va lo sguardo irrazionalmente, quel particolare punto che ti emoziona senza che tu sappia perché, quel particolare punto che continui a fissare quando neppure te ne accorgi. Nelle foto dei Queen riesci a vedere gli altri della band solo quando non c'è Freddie, dove c'è Freddie gli altri spariscono, vedi solo lui, perfino quando non è in primo piano. In un'intervista Freddie disse: «Io non voglio essere una rockstar, voglio diventare una leggenda», e qualsiasi sia lo scatto provi il brivido di osservare un momento di leggenda.
Ecco perché Queen finiscono il 24 novembre del 1991, con la morte di Freddie Mercury. Una morte che Freddie ha trasformato in un'altra leggenda, incidendo fino alla fine l'ultimo album, tra i più belli dei Queen, Innuendo, perché the show must go on. A differenza di John, che deciderà di sparire dai riflettori, e di cui si sono perse le tracce, Brian e Roger hanno continuato a portare la band in tour fino a oggi rendendo ancora più evidente quanto senza Freddie i Queen inevitabilmente siano finiti.
Tuttavia, paradossalmente il più interessante, anche nelle foto, resta proprio John, perché è l'antitesi di Freddie e anche di Brian e Roger, il loro opposto, timido, riservato, un uomo quasi invisibile (the invisible man era lui?), l'unico che non abbia mai inciso un album da solista (gli altri lo hanno fatto, con esiti disastrosi, che però sono serviti quando alcune canzoni dell'album di Brian le ha cantate Freddie nella fase terminale della malattia, basti pensare alla struggente Too much love will kill
you). Non a caso chi ha firmato le due prefazioni del libro di Preston? Brian e Roger. E hai la strana sensazione di una prefazione scritta da due morti, mentre quello vivo sia sempre e solo Freddie. It's a kind of magic.
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