E ora rimangono le domande. Le solite. E solitamente senza risposta. Perché. Bobbi Kristina Brown, figlia di Whitney Houston e Bobby Brown, è morta dopo oltre sei mesi di coma disperato, alimentato all'inizio da qualche timida speranza ma quasi subito spento nel pessimismo della diagnosi: «Funzioni cerebrali significativamente diminuite». Era stata ritrovata il 31 gennaio proprio come era stata ritrovata la mamma tre anni prima: in una vasca da bagno, a faccia in giù, la bocca ormai incapace di prendere aria. Villone vicino ad Atlanta. «Ha smesso di respirare», aveva detto alla polizia Nick Gordon, quello che diceva di essere suo marito ma che non lo era. Quello che la mamma di Whitney, nonché zia di Dionne Warwick, riteneva colpevole di «un rapporto incestuoso» perché era un vecchio amico di famiglia. Quello che infine è sospettato di aver picchiato Bobbi in vita e di averle rubato soldi dal conto corrente mentre si stava avvicinando alla morte, ormai in coma sempre meno farmacologico e sempre più nero, irreversibile.
Si vede, è una situazione pazzesca, incompatibile con quanto chiunque potrebbe immaginarsi. Sapete i luoghi comuni: ma con tutti quei soldi, goditeli.
In effetti Bobbi Kristina era erede di una fortuna da 115 milioni di dollari, una panacea per i dispensatori di pregiudizi. E invece la fortunata figlia di due cantanti, uno famoso e l'altra strafamosa e forse ineguagliabile, ha seguito passo dopo passo il calvario della madre senza averne avute le glorie. Come lei riversa in una vasca da bagno. Come lei gonfia di alcol e di droghe. Come lei pedinata da un uomo avido e pavido quindi debole. Ventidue anni. Perché.
La seppelliranno molto probabilmente dove è stata sepolta Whitney dopo che il crack l'aveva craccata giusto poche ore prima di essere ospite ai Grammy Awards del 2012, al Beverly Hills Hotel di Los Angeles, quello che è sulla copertina di Hotel California degli Eagles e che da un secolo esatto ospitava (è stato costruito nel 1912) i lussi, i vizi e i morti del jet set mondiale.
Anche Bobbi Kristina beveva e si drogava a volontà, anche lei aveva un compagno violento e ladrone (annunciarono le nozze ma in realtà non si sono mai svolte), anche lei ora, come la mamma, «finalmente in pace tra le braccia di Dio» come ha dichiarato la famiglia Houston ringraziando tutti per «l'incredibile amore e sostegno ricevuto nel corso di questi ultimi mesi».
Dopo il ritrovamento a faccia in giù, la ragazza era stata trasferita qui e là mentre i paparazzi e i rotocalchi sbranavano questa vicenda come meglio non si poteva. D'altronde era la storia perfetta: la figlia morente della superdiva morta. Entrambe flagellate dalle stesse piaghe. Entrambe unite almeno nella causa di morte.
Perché.
Non sono tanto frequenti i figli d'arte travolti dallo stesso solito destino. E quasi nessuno come in questo caso è stato così tanto annunciato. Quando venne a cantare in Piazza Castello per le Olimpiadi invernali del 2006, Whitney Houston era così malridotta e stonata che molti ebbero brividi di disperata commozione immaginando per forza che cosa avrebbe potuto accadere da lì a poco. E così Bobbi Kristina, che a sei anni duettava già con la mamma dal vivo e pure aveva partecipato a qualche programma tv (uno addirittura su come metabolizzare la perdita dei genitori) aveva iniziato lentamente il proprio personale cammino verso il Golgota: uso e abuso di droghe, drastiche diete dimagranti e rapporti chiacchierati con i parenti.
Perché?
Perché ci sono situazioni nelle quali la colpa non è di nessuno non essendo nessuno capace a gestire le proprie responsabilità. Non lo era Whitney, voce favolosa annegata in una vasca di inadeguatezza temperamentale, di angosce trascinate, di pressioni enormi e infine di delusioni immense. E tantomeno lo è Bobby Brown, cantante modesto eppure significativo (fu tra i primi a fondare l'hip hop con l'R&B) e uomo spregevole eppure ancora a piede libero.
Ha sposato Whtiney nel 1992, l'ha maltrattata spesso e spesso è finito in galera strafatto, insieme sono diventati padre e madre di Bobbi Kristina e ora lui è l'unico sopravvissuto di una odissea familiare che avrebbe ispirato Euripide ma a noi uomini della strada suscita più che altro un dolore profondo, la sensazione di vuoto che accompagna le tragedie quando si sa che purtroppo saranno replicate. Magari meno famose, magari meno cruente, ma sempre specchio di quel lato oscuro che, nonostante tutto, l'uomo non riesce ancora a illuminare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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