Prima o poi doveva accadere: la scienza ha vinto sull'amore. D'altra parte, è cosa ovvia, perché la scienza non può (non deve) nascondere nulla, mentre l'amore può. E qualche volta deve. Come in questo caso.
Lei è francese e sposata, per giunta con un re. Lui è svedese, conte, militare, diplomatico. E celibe. Prima di conoscerla, volava di fiore in fiore. Ma quando la scintilla è ormai diventata incendio, lui scrive alla sua sorella-confidente: «Non posso appartenere alla sola persona alla quale voglio appartenere, quella che mi ama davvero; perciò non voglio appartenere a nessuna». Mentre lei si tormenta a corte, lui, per il bene di entrambi, si prende alcuni anni sabbatici dall'altra parte del mondo: va in America a sostenere quella rivoluzione che persino il marito di lei vede di buon occhio, ovviamente in chiave anti-inglese, sicché lo scambio di amorosi sensi può proseguire soltanto in forma epistolare. E quando un'altra rivoluzione bussa a casa di lei, dalla commedia si passa al dramma.
Altro che Romeo e Giulietta. Gli amanti più tormentati della storia furono loro: Hans Axel von Fersen (Stoccolma, 1755 - 1810) e Maria Antonia Giuseppa Giovanna d'Asburgo-Lorena (Vienna, 1755 - Parigi, 1793). Fra ragion di Stato e ragion di popolo, lui finì linciato dalla folla che lo accusava di aver avvelenato l'erede al trono di Svezia, e lei finì ghigliottinata.
In tutto questo, che cosa c'entra la scienza? C'entra, perché è andata a frugare nelle lettere di lei ricevute da lui. Le lettere che lui aveva censurato a fin di bene, cancellando le parole più appassionate, come «amato», «tenero amico», «adoro», «follemente». Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Science Advances e condotto dagli scienziati del Centre de Recherche sur la Conservation, presso la Sorbona, i quali hanno combinato la spettroscopia a fluorescenza di raggi X e altre tecniche di elaborazione di dati per rendere leggibili le parole depennate. Smascherando così ufficialmente un amore che è di dominio pubblico da due secoli e mezzo. Bravi, complimenti.
Ma a noi piace fare un lungo passo indietro, fino al 13 febbraio 1792. Lui entra di nascosto negli appartamenti privati della regina, nelle Tuileries.
Poi, nel suo diario scrive: «Lunedì 13, andai dalla regina; presi la mia solita strada; paura della Guardia Nazionale; i suoi appartamenti meravigliosi. Rimasi lì. Martedì 14, vidi il re alle sei di sera». In quel «rimasi lì» mai sbianchettato c'è la rivincita dell'amore sulla scienza.
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