"Il mio canto benefico. E da ottobre riparto con i concerti dal vivo"

Il tenore: "Prima o poi farò anche un disco pop". A Firenze il galà per i 10 anni della Fondazione

"Il mio canto benefico. E da ottobre riparto con i concerti dal vivo"

C'è un Bocelli tenore che è famoso in tutto il mondo. E c'è un Bocelli di cui si parla meno ma è altrettanto impegnato: è quello che dieci anni fa ha creato la Andrea Bocelli Foundation, una macchina benefica capace di raccogliere 40 milioni di euro, costruire 9 scuole in Italia e a Haiti dove, tra l'altro, ha portato l'acqua a 400mila persone che non ce l'avevano. «Non avevo mai incontrato il presidente Moise che hanno assassinato qualche giorno fa, ma siamo tutti con il fiato sospeso per la sorte di quel paese travagliato». È gioioso, Bocelli, che ieri sera in Piazza San Firenze ha cantato Follow me con suo figlio Matteo e poi Amazing Grace con Clara Barbier alla presenza di Zoe Saldana, Mara Venier, Renato Zero, Tony Renis, Serena Autieri, Carol Alt, Giovanni Caccamo e tanti altri invitati, tra i quali pure una Noemi spericolata e convincente al pianoforte con Glicine. Ed è gioioso anche perché è stato un indubbio portafortuna degli Azzurri vittoriosi a Wembley: ha inaugurato lui, con il suo canto, gli Europei nella prima serata di Roma con la Nazionale debuttante: «Oggi è impossibile non essere felici», dice infuocando il suo accento toscano.

Un tenore con un alto tenore di passione per il calcio.

«Sono un tifoso, si sa. Ma la vittoria dell'Italia mi riempie di gioia non solo per il fatto sportivo in sé, ma anche per altri fattori».

Ad esempio?

«Piaccia o no, incide sul costume e sulla società molto più di quanto si pensi. E un Europeo vinto come l'ha vinto l'Italia ha ricadute positive su tutto, anche sull'economia credo».

Lei sostiene che l'arte salverà il mondo.

«Prendo spunto dal principe Mikin che nell'Idiota di Dostoevskij assicura: La bellezza salverà il mondo. L'arte è una forma di bellezza... E la bellezza cui faccio riferimento non è naturalmente soltanto quella esterna ed esteriore, per quanto appagante e profonda. È anche quella che interiore, che viene dall'animo».

Quella che porta tanti a darsi da fare, ad esempio, per i bambini denutriti e abbandonati di Haiti.

«Subito dopo il disastroso terremoto di Haiti del 2010 ho parlato spesso con mia moglie perché sentivamo il bisogno di dare una mano. Pensavo non bastasse ciò che si può fare da soli e che ci fosse bisogno di qualcosa di più».

Così è nata Abf.

«Qualche tempo prima era venuta a cercarmi una ragazza, che voleva coinvolgermi in un progetto. In quei giorni ho pensato a lei, le ho fatto la proposta e lei ha accettato: è Laura Biancalani, inarrestabile anima della Fondazione, cui si dedica veramente tutto il giorno tutti i giorni».

La sua più grande soddisfazione.

«Tra tutte, quella di aver salvato la vita di tanti bambini. Fare l'artista è entusiasmante e vivificante. Cantare è una gioia unica. Ma sapere di aver evitato che tante giovani creature andassero incontro al peggio è una sensazione che non ha eguali».

Ieri sera tra il suo pubblico c'erano tanti americani.

«E credo di aver capito che tra poco toccherà a me rendere la visita. Da quanto so, a ottobre riprenderanno i concerti al cento per cento della capienza e quindi...

...E quindi?

«Diciamo che, se è vero, tornerò a esibirmi finalmente davanti a un grande pubblico. E, se è vero, sarò pure un uomo sfinito visto che mi attendono tantissimi concerti fino a Natale in giro per gli Stati Uniti».

In Piazza San Firenze ha cantato due pezzi pop. Tornerà a fare un disco di canzoni popolari? Si diceva che non aveva più voglia di farne

«Ho sempre le mie registrazioni di classica, quelle sono davvero una passione per me».

Sì ma il pop?

«Beh certamente prima o poi tornerò a incidere un disco pop, ma non so ancora quando».

Ogni fase della vita ha le proprie priorità.

«E a me non piace di certo sedermi sugli allori né, tantomeno, crogiolarmi con i risultati del passato».

Ad esempio?

«Sto seguendo un progetto secondo me molto importante».

Ossia?

«È il tentativo di progettare e realizzare un apparecchio per non vedenti che li aiuti a muoversi liberamente. È una sfida gigantesca, lo so, perché si tratta di un sistema indossabile che li renda indipendenti nelle attività di vita quotidiana».

Sarebbe un enorme passo

avanti.

«E ho un po' di orgoglio paterno e commosso nel sapere che mio figlio Amos lo coordinerà con i ricercatori della Scuola Universitario Superiore Sant'Anna di Pisa, sennò che s'è laureato a fare? (ride - ndr)»

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