La balena bianca, innanzitutto, è un capodoglio. Vecchio e enorme, con i fianchi flagellati da ramponi e «tre buchi alla pinna di tribordo».
Un animale del mito e della letteratura che ha mille volti, quelli che vedono le ossessioni dell'Uomo, e mille colori, quelli che immaginano gli artisti.
Moby Dick è di volta in volta il più grande mammifero vivente, ma anche il grosso Pesce biblico «che fa scattare i suoi denti d'avorio, come tanti chiavistelli imbiancati». Ha le sembianze del Leviatano e la sua insolita bianchezza simboleggia l'inaccettabile indifferenza della Natura nei confronti degli uomini. È l'essere cieco, inconoscibile, che avversa tutto ciò che è umano e dotato di pietà. È «l'incarnazione di tutte le forze malvagie». È il Vuoto, il Nulla, la forza bruta. È il Mostro marino che terrorizza i naviganti, è il capodoglio albino Mocha Dick che si racconta avesse venti o più ramponi conficcatigli nel dorso e sembrava attaccare le navi con una ferocia premeditata, ucciso nel 1859 da una baleniera svedese al largo del Brasile. È il pescecane di Pinocchio, l'«Attila dei pesci e dei pescatori». È lo Sperm Whale, uno spermaceti, con la sua ricercatissima sostanza cerosa bianca. È la balena simile a un isolotto che trasporta Astolfo verso il regno di Alcina, «La balena, all'ufficio diligente,/ nuotando se n'andò per l'onde salse». È l'enorme, spietata America avvistata del baleniere letterato Herman Melville. È il mostro bianco hollywoodiano di plastica del Moby Dick di John Huston del '56 (adattato per il cinema da Ray Bradbury...), progenitore dello Squalo (1975) di Steven Spielberg...
Moby Dick ha di volta in volta anche le mille forme e i colori sognati dagli incisori, gli illustratori, gli artisti che hanno provato a catturarlo con pennini, chine, matite e acquarelli.
Eccoli qui, disegno dopo disegno, tavola dopo tavola. Li ha messi in fila Santo Alligo nella sua lunga, ricca e minuziosa introduzione alla sontuosa pubblicazione in volume del più famoso adattamento a fumetti del romanzo epico in Italia, a opera di Dino Battaglia, ormai un classico, uscito sulla rivista Sgt. Kirk di Florenzo Ivaldi nel 1967. Il libro esce ora: Dino Battaglia - Herman Melville, Moby Dick (Lo Scarabeo, pagg. 84, euro 28, a cura di Santo Alligo) con una prefazione di Carlo Piano il cui padre, Renzo, firmò la scenografia dello spettacolo Ulisse e la balena bianca messo in scena da Vittorio Gassman nel porto antico di Genova nel 1992... 500 anni dopo la scoperta dell'America, altri Oceani, altre navigazioni, altre imprese.
L'impresa di Herman Melville, tutta letteraria, terminò nel 1851, quando Moby Dick venne pubblicato a un mese di distanza prima a Londra, in ottobre, in tre volumi, dall'editore Bentley, e poi in novembre, a New York, per Harper&Brothers. Ma dovettero passare più di quarant'anni prima che un editore decidesse di corredare il romanzo di illustrazioni ad hoc: ed ecco l'edizione Dana Estes&Company del 1892 con illustrazioni a mezza tinta in bianco e nero di Augustus Burnham Shute. Secondo gli esperti, niente di eccezionale. Così come tanti altri tentativi a cavallo fra i due secoli. Fino al primo vero capolavoro: la versione di Mead Schaeffer (1898-1980), uno dei disegnatori più pagati nell'età d'oro dell'illustrazione americana (e buon amico di Norman Rockwell). Il volume che realizza per l'editore Dodd, Mead and Co., nel 1922, è il primo Moby Dick a colori (squillanti). Il primo libro fotografico ricavato dal romanzo, invece, esce per i tipi di Grosset&Dunlap nel '25: trama e foto sono tratte dal film muto The Sea Beast, del '26, con un giovane John Berrymore nella parte del capitano Achab. Mentre la versione illustrata più famosa, e più bella di tutte, è quella del pittore Rockwell Kent (1882-1971) uscita in mille esemplari nel 1930 dalla Lakeside Press di Chicago, in tre volumi, con 280 disegni a china riprodotti fotomeccanicamente, un'edizione oggi dal valore inestimabile. Come nota Santo Alligo l'immagine iconica per eccellenza di Moby Dick esce da qui: è la balena bianca che dopo aver perforato la superficie del mare, come se passasse da una dimensione all'altra attraverso il buco dell'orizzonte, si staglia, col suo lungo soffio, contro il cielo stellato...
Come urlavano i marinai lasciando il porto di Nantucket: «All around the world».
E Moby Dick con la sua scia di immagini, disegni e fumetti è arrivato ovunque, anche in Italia. Nel 1939 la Mondadori pubblica in due «Albi d'Oro» Topolino e il mostro bianco, lo stesso colore della balena in copertina (mentre nelle tavole a fumetti è grigia»): ma è solo la versione tradotta di Mickey Mouse. Mightly Whale Hunter sceneggiato da Merrill De Maris e disegnato da Floyd Gottfredson apparso l'anno prima negli Stati Uniti. Originalissima invece è la copertina di Enrico Sturani - quasi un logotipo che sigla in un'unica immagine l'intero romanzo - per la prima edizione italiana di Moby Dick per Frassinelli nel 1932 (il libro era già stato tradotto nel '30 da Cesare Pavese, il quale però non riuscì subito a farlo pubblicare). Poi ci furono le tavole di Franco Caprioli (1912-74) per Il mostro bianco pubblicato da Mondadori nella collana «Universale ragazzi» del '51 (dove si perpetua l'errore di disegnare una balena franca invece del capodoglio). Dopo arriverà il lavoro di Dino Battaglia, un maestro della comic art italiana, che nel '67 sintetizzò le 700 pagine del romanzo in 31 tavole con i suoi neri sfioccati che - scrive Adriano Olivieri - «restituiscono tutto il profumo del mare, gli odori del porto di Nantucket, le avventure del Pequod e la smisurata sete di vendetta del capitano Achab». Poi c'è l'incursione dissacratoria nell'universo di Melville di Guido Crepax che nel '69 per un supplemento dell'albo New Kent firma il racconto La casa matta con una procace Bianca (al posto della più famosa Valentina) che legata nuda mani e piedi diventa il pasto regale di Moby Dick, ma sopravvive nelle viscere della balena, dove incontra... il Gatto e la Volpe (!).
Fino all'operazione più straordinaria nella storia recente dell'illustrazione melvilliana: le tavole che Ferenc Pintér (1931-2008), forse il più grande copertinista del '900, portò a termine nel 2002 per un portfolio di dieci stampe commissionatogli dall'Editore Lo Scarabeo di Torino. L'artista italo-ungherese era già malato ma compì comunque l'opera, guardando e riguardo in dvd il film con Gregory Peck come capitano Achab e Orson Welles come padre Mapple.«Chiamatemi Moby Dick».
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