Lui si è subito scusato: «Questa volta l'ho fatta grossa. Ho sbagliato a postare inavvertitamente su Facebook un video con dei frammenti della canzone che devo cantare a Sanremo. Mi ostino a fare da solo ma sono proprio un imbranato!». La direzione artistica del Festival lo ha subito perdonato e quindi Gianni Morandi sarà regolarmente in gara con il brano Apri tutte le porte, che si è ascoltato sul suo profilo social nel video durante il quale Morandi parlava con il produttore Mousse T. Video cancellato dopo alcuni minuti.
A scatenare le polemiche è stata soprattutto la motivazione che ha portato a non squalificare il cantante: «Si è trattato di un puro inconveniente tecnico, dovuto alla necessità di Morandi di portare un tutore alla mano destra che ha subito diversi interventi a seguito dell'incidente occorsogli alcuni mesi fa. L'impedimento al movimento della mano ha determinato l'errore per cui Morandi ha messo in rete il backstage che stava vedendo privatamente». Una assoluzione bocciata dai social (è diventata virale la locandina del film di Sorrentino È stata la mano di dio riadattato a È stata la mano di Gianni) e provocato anche i commenti sarcastici di Afi e Codacons. In realtà forse sarebbe stato sufficiente citare il regolamento del Festival, per il quale un brano in gara «non deve essere stato inciso su alcun supporto, fisico oppure on line». Perciò l'apparizione di piccoli frammenti del brano sui social di un artista non meriterebbe la squalifica purché non siano stati sfruttati per fini commerciali e non abbiano prodotto introiti Siae. Ma la vera questione è un'altra: quanto conta la definizione di inedito nell'epoca dei social? L'anno scorso lo stesso problema è capitato a Fedez (che ha espresso solidarietà a Morandi).
E, nel passato, casi analoghi si sono verificati con tanti altri artisti, da Carla Boni e Tonina Torrielli nel 1957 fino a Morgan e Bertè. Qualcuno è stato escluso. Altri no. Ma è ovvio che il concetto di «inedito» sia sempre più nebuloso e bisognoso di aggiornamento.
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