La mostra di Eliasson apre la percezione

Eccola, la mostra che apre le porte della percezione. Eccola mentre si appropria di un edificio rinascimentale dall'inconfondibile bugnato Palazzo Strozzi

La mostra di Eliasson apre la percezione

Eccola, la mostra che apre le porte della percezione. Eccola mentre si appropria di un edificio rinascimentale dall'inconfondibile bugnato Palazzo Strozzi, nel cuore di Firenze e ne trasforma il cortile e il piano nobile, stravolgendo le rassicuranti proporzioni per far spazio a dubbi, sfarfallii e vibrazioni destabilizzanti. La colpa (o il merito) è di Olafur Eliasson, 55 anni, barba sale e pepe, occhialoni e aria algida di chi è nato in Danimarca da genitori islandesi, artistar globale con studio tra Copenaghen e Berlino, ossessionato dal tema della percezione e dell'ecologia. Sono quasi 8 anni che Eliasson ragiona su Palazzo Strozzi: la pandemia ha ritardato e mutato il progetto ma ora, e per la prima volta, le sue installazioni vivono in un luogo carico di storia tanto da fargli dire che «Palazzo Strozzi è co-produttore della mostra stessa». Una mostra quasi immateriale, a direi il vero: «Nei venti lavori esposti non ci sono opere d'arte chiosa Eliasson ma elementi come la luce, l'aria, l'acqua, la temperatura che permettono di vivere un'esperienza».

Ha voluto intitolarla Nel tuo tempo (dal 22 settembre al 22 gennaio), in italiano, perché nella nostra lingua esiste il felice equivoco tra tempo cronologico e meteo: curata da Arturo Galansino, direttore generale della Fondazione Palazzo Strozzi, è la più ampia mostra di Eliasson mai fatta in Italia e diversa da altre sue mostre-monstre precedenti (alla Tate di Londra, alla Beyeler di Basilea). Qui le produzioni site-specific sono la maggior parte, come se lo spazio antropocentrico dell'edificio volesse dettare legge, con l'artista impegnato a suggerirci altre vie. Certamente è una mostra ad alto tasso di instagrammabilità, ma non solo: «Palazzo Strozzi diventa una camera ottica: Eliasson ha ideato un progetto delicato e sofisticato che sottolinea elementi e dettagli del luogo in cui siamo, restituendone a noi coscienza, generando in noi emozione», dice Galansino. Ed è esattamente così: ci troviamo davanti a opere che vanno esperite, a partire dalla grande installazione nel cortile Under the weather, ellissi di 11 metri sospesa a 8 metri di altezza, che genera in chi la guarda il cosiddetto effetto moiré, una sorta di sfarfallio visivo. Se il cerchio vitruviano era nel Rinascimento misura del mondo, Eliasson sceglie l'instabilità ellittica e sconvolge la tradizionale percezione del cortile. Al piano nobile l'artista nordico si confronta con la luce: in una sala appoggia giusto un paio di faretti e illumina la parete in modo inedito, marcandone dei particolari, in un'altra, grazie a speciali filtri, proietta le bifore dei finestroni, esaltandone i decori. I visitatori entrano, immaterialmente, nell'opera: là vedi un profilo, qui scorgi una caviglia. Tutto è suggestivo, bello, persino giocoso (e così diverso da certe inquietudini claustrofobiche di tante altre mostre d'arte contemporanea che vediamo in giro). Grazie al lavoro di Eliasson a Palazzo Strozzi la luce si fa mediatrice dello spazio, crea membrane mutevoli, permette di guardare noi stessi e gli altri in modo insolito. Le prime tre sale, con installazioni appositamente create per l'occasione, sono una riuscita sorpresa poi il percorso procedere verso altri lavori storici, tra cui How do we live together? , spettacolare progetto con un arco semicircolare montato su uno specchio al soffitto che moltiplica e frammenta lo spazio, Beauty, struggente ambiente di vapore variopinto, e Room for one colour, in cui ci si immerge in un ambiente di neon gialli, per suggerire l'ipotesi di un punto di vista alternativo sul mondo. Ognuno di noi, a seconda della propria vista, percepisce l'ambiente in maniera unica (se, come chi scrive, siete astigmatici avrete quasi una vertigine) «Questo perché non esiste una realtà oggettiva dice Eliasson -: volevo però dimostrare che si può condividere uno stesso spazio anche senza essere d'accordo». Ed è in effetti caleidoscopico l'universo che l'artista ama proporre, ben rappresentato da due poliedri complessi e di colore cangiante incorporati l'uno nell'altro, ideati dopo anni di ricerche sulla rifrazione: vi si può mettere la testa dentro, l'esperienza è quasi psichedelica.

La visita termina negli interrati della Strozzina e qui per i più temerari il bello è infilarsi il visore VR e sperimentare Your view matter, la tua visione importa, nuova opera dell'artista in realtà aumentata, un viaggio assurdo tra solidi platonici, dal tetraedo alla sfera.

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