Panariello: «Basta con le paure. Ora faccio la tv che mi piace»

Il comico nel ruolo di un veterinario in una serie di Canale 5. «Ho accettato perché amo gli animali» v

Panariello: «Basta con le paure. Ora faccio la tv che mi piace»

Quando passione e mestiere s'incontrano. E ci si può prendere il lusso di dire quel che si pensa. Non ha problemi, Giorgio Panariello, nel confessare di «avere sempre temuto la grande serialità», proprio ora che debutta con le otto puntate di Tutti insieme all'improvviso (da domani su Canale 5). Né di definire l'Auditel «la più gran sciocchezza mai partorita dalla tv», proprio adesso che questo suo nuovo progetto si scontrerà con L'ispettore Coliandro e con la rentrée di Romina e Al Bano.

Nel raccontare di questo suo nuovo personaggio un veterinario che, dopo vent'anni in Africa, torna in Italia per scoprire che suo nipote è, in realtà, suo figlio - l'impressione è che il popolare showman, superati gli anni dell'«ansia da prestazione televisiva» (parole sue), intenda godersi progetti oculati, a sua stretta immagine, e liberi dal ricatto degli ascolti. «Ho sempre pensato alla lunga serialità con terrore dice -. Temevo sempre che qualcuno mi telefonasse per dirmi si è liberato il posto di nonno Libero. Vuole occuparlo lei?». Per convincerlo ad accettare un progetto che l'avrebbe impegnato «come otto film uno di seguito all'altro», c'è voluta una storia che - sotto molti aspetti - assomiglia alla sua.

«Io sono presidente onorario della Lega per la Difesa del Cane. Adoro i cani, tutti lo sanno. Non solo: pur non essendo di quelli che ritengono gli animali migliori dell'uomo, cerco di applicare anche agli esseri umani la stessa ricetta di attenzione al cuore e all'anima che uso col mio pastore tedesco e con la mia cagnolina maltese».Perfetto per Panariello, insomma, questo veterinario bonario, semplice, umano. In tutto simile al ritratto osannante che, del comico toscano, fanno in coro i suoi colleghi di fiction Lorenza Indovina, Lucia Ocone e Marco Marzocca: «Pur essendo popolarissimo, Giorgio è rimasto umile, umano, vero».

Ed è appunto con questa schiettezza che l'attore dichiara di non essere minimamente interessato agli ascolti che Tutti insieme all'improvviso (di cui peraltro è già programmata una seconda serie) potrà o meno totalizzare. «L'Auditel è una colossale sciocchezza. E uso un eufemismo. Nelle mia carriera gli errori più grossi li ho fatti proprio per colpa sua. Gonfiando fino a quattro ore i miei show, ad esempio, cosicché alla fine di quelle maratone non ero più lucido, dicevo bischerate assurde perché ero cotto, lo era il mio regista e lo era anche il mio pubblico. Oppure dormendo solo due ore nelle notti che precedevano l'uscita dei dati d'ascolto, macerandomi il cuscino e il cuore». Idolatrare l'Auditel nel lavoro di un artista «è avvilente, demoralizzante, fuorviante. Sei caricato di una tale massa di responsabilità da morire dentro prima ancora di uscire fuori e dire buonasera».

Anche perché non è vero che chi ha alti ascolti guadagna automaticamente successo: «Guardate gli ascolti di un indubbio successo come Masterchef. Vi sembrano alti?». Ma ciò che soprattutto abbatte il comico toscano («E da cui ho imparato a guarire solo da poco») è l'«ansia da prestazione». «A teatro, dove il pubblico viene per me e io posso fare quel che voglio, mi sento un dio. In tv, dove sei sempre un ospite, dove c'è un comico nuovo ogni quarto d'ora, e devi andare sempre a palla, devi convincere quelli che ti amano, quelli che ti odiano, e quelli che neppure sanno chi sei». Altra cosa dalla quale, nel suo lavoro, Panariello vuol tenersi scrupolosamente lontano è la politica. «Certo: se ho un'idea la dico, anche scherzandoci su.

Ma quando Crozza mi ha chiesto di fare una copertina al suo show, ho sempre risposto di no. Io non ho mai fatto mia alcuna bandiera; non ho mai fatto satira politica. Anche perché spesso a farla, la satira, sono i politici stessi».

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