"Parasite", il vincitore della Palma d'Oro come miglior film allo scorso Festival di Cannes è in sala. In perfetto equilibrio tra commedia, dramma e thriller, l'ultima fatica del regista sudcoreano Bong Joon-ho è incentrata su due famiglie: la prima ha problemi a sbarcare il lunario e vive in un seminterrato in condizioni abitative disastrose, la seconda, molto abbiente, in una villa che è un capolavoro architettonico fatto di ambienti ampi e lussuosi. Il destino di queste persone inizia a intrecciarsi quando Ki-woo, il figlio maschio del nucleo familiare povero, ha occasione di sostituire l'insegnante d'inglese della primogenita dei ricchissimi Signori Park. Attraverso vari stratagemmi e sotto falsa identità, anche gli altri membri della famiglia indigente riusciranno a venire assunti nella grande casa. Una scoperta inaspettata, però, darà luogo a una catena di eventi incontrollabili e dall'esito infernale.
La prima parte del film, quella in cui i privi di pecunia si insinuano nel quotidiano e nel libro paga di ignari sconosciuti tanto danarosi quanto ingenui, è un mosaico di scaltrezza e nichilismo comico. Seguirà un crescendo di tensione e dramma che comunque non offuscherà l'aspetto esilarante, perché grottesco, della messa in scena.
Da spettatori seguiamo i personaggi comprendendo quanto siano pedine di un gioco al massacro che richiama le dinamiche feroci della nostra società. In questo senso, il fatto che la vicenda abbia un climax splatter è la conferma del pessimismo con cui il regista legge l'esito della lotta di classe. S'intuisce che ritenga i poveri bramino lo status dei ricchi, per poi finire con il farsi la guerra tra loro (anche perché, come si evince dalla svolta a metà film, c'è sempre qualcuno che sta peggio e rivendica di salire dai sotterranei della società in cui è relegato). Come se gli indigenti non potessero permettersi il lusso di essere brave persone, in grado di dare fiducia al prossimo, guidati come sono da un individualismo che è la quintessenza dell'istinto di sopravvivenza. Unica eccezione in questo mondo feroce è la presenza di una solidarietà tra congiunti che però è più un'alleanza mossa da amor proprio che un'affezione autentica per altri da sé.
Gli eventi narrati sono a un tempo drammatici e rocamboleschi, regalano quindi risate gustose ma amare. La cura e la ricercatezza dell'inquadratura incantano così come seduce il contrappunto musicale, spesso antitetico all'intonazione delle scene.
Brillante, intrigante
e intelligente come certi film del primo Lanthimos, "Parasite" riesce a coniugare una componente caricaturale con consapevolezze amare come quella secondo cui non esiste moralità laddove si lotti per l'autoconservazione.
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