«Non ricordo la mia vita prima del cinema e della notorietà». E c'è da crederle perché si tratta di retrocedere al triennio tra il 1962, anno di nascita, e il 1965 in cui lei è la bambina della pubblicità Coppertone, una crema abbronzante molto in voga all'epoca.
Lei è Alicia Christian Foster, per tutti Jodie, un nomignolo che le sarebbe stato coniato dalle sorelle e dal fratello - tutti più grandi - in onore di un'amica della madre, di nome Jo Dominique, che avrebbe fatto diventare Jodie la piccola Alicia. Papà, un ex tenente colonnello dell'aeronautica, violento e anaffettivo, aveva abbandonato moglie e famiglia al quarto mese di dolce attesa della futura attrice, venuta alla luce con un parto soffertissimo, in cui madre e figlia hanno rischiato seriamente di non farcela.
Un quadretto che rischia di spiegare due lati nemmeno troppo oscuri di madame Foster, a Cannes per ritirare la Palma d'oro d'onore. Perché sia più interessata alle donne tanto da aver sposato Alexandra Hedison e, al tempo stesso, sia la diva più riservata di Hollywood se non del mondo.
«Non ho mai avuto una vita normale, non so che cosa voglia dire non essere famosi». Ed effettivamente c'è un episodio di cronaca nera a spiegarlo. Il 30 marzo 1981 a Washington lo sconosciuto John Hinckley aveva organizzato un attentato ai danni dell'allora presidente Ronald Reagan.
Alla ricerca di sospette reti terroristiche o altro, gli inquirenti setacciarono tutto, trovando una sola disorientante traccia. Un plico di lettere d'amore a Jodie Foster che, in realtà, non conosceva l'attentatore, il quale però aveva anche un plico di fotografie dell'attrice da lui millantata come la sua fidanzata. Insomma, aveva sparato a Reagan per mettersi in luce agli occhi di Jodie Foster di cui era follemente innamorato ma lei non lo sapeva. Morale, ebbe le attenuanti per insanità mentale.
Una fama oltre ogni limite che l'ha spinta ad ammettere: «Da bambina pensavo fosse banale recitare. Credevo che bastasse leggere in modo naturale quello che altri avevano scritto. Quando sono finita sotto l'ala di Robert De Niro ho capito che era qualcosa di completamente diverso e un personaggio va costruito».
Difficile dire se l'allieva abbia superato il maestro ma due Oscar per Sotto accusa e Il silenzio degli innocenti sono lì a dimostrare che la lezioncina sul set di Taxi driver, - Palma d'oro nel 1976 -, quando aveva 14 anni e la parte era quella di una prostituta, la giovane Jodie l'ha imparata eccome. A Cannes era già venuta nel 2011 per Mr Beaver, accompagnata da Mel Gibson, ma ben sette dei titoli da lei interpretati sono stati battezzati sulla Croisette. E ciò ha spinto il presidente Pierre Lescure a dichiarare che «Jodie Foster ci ha fatto un gradito regalo a venire in Costa Azzurra per celebrare la ripartenza dopo la pandemia».
Un periodo che l'attrice ha trascorso nell'unica maniera che conosceva. «Mi sono rifugiata nel cinema che, ancora una volta, è stato la mia salvezza. I titoli del passato mi hanno aiutata». Il suo preferito «Certamente I 400 colpi di François Truffaut.
La sa lunga Alicia-Jodie che strizza l'occhio al festival, citando un film che qui vinse nel 1959. Un omaggio al cinema francese in anni in cui Jodie Foster non era nemmeno nata. Una frequentazione attenta e insistita, quella con Cannes e la patria della Settima Arte, dove nel 2016 aveva presentato Money monster, da lei diretto in qualità di regista, accompagnata da George Clooney e Julia Roberts.
Questa terra è un po' anche casa sua e lo dimostra la disinvoltura nella padronanza dell'idioma parlato. «Chi possiede la conoscenza della lingua ha anche il potere». Ritornello non totalmente inedito ma da lei di sicuro molto amato.
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