"Qui rido io" di Martone: Servillo protagonista istrionico della Saga degli Scarpetta

Le origini dei fratelli De Filippo raccontate in una messa in scena teatrale che si fa film, ma in cui la cercata mancanza di confine tra vita e arte, complice l’eccessiva durata, diventa ridondante

"Qui rido io" di Martone: Servillo protagonista istrionico della Saga degli Scarpetta

Al Festival di Venezia oggi è sbarcato Qui rido io di Mario Martone, terzo titolo dei cinque italiani in concorso.

A distanza di due anni dalla rilettura per il cinema de “Il sindaco del Rione Sanità”, portato anch’esso al Lido, il regista prosegue con un altro omaggio alla tradizione teatrale partenopea. Ad aiutarlo nell’impresa, un Toni Servillo più in forma che mai, nei panni del grande attore e commediografo Eduardo Scarpetta, re del botteghino nella Napoli di inizio Novecento.

Uomo di umili origini divenuto ricchissimo durante la Belle Epoque grazie alle sue commedie e alla maschera di Felice Sciosciammocca, il protagonista è un uomo soddisfatto di aver addirittura soppiantato Pulcinella nel cuore del pubblico napoletano.

“Qui rido io” racconta il suo quotidiano, fatto sì di teatro ma anche di un privato brulicante di figure: ci sono la moglie e le compagne, i figli legittimi e quelli illegittimi, il cui numero è in continua crescita e tra cui individuiamo Titina, Eduardo e Peppino, che diverranno i grandi De Filippo che conosciamo.

Il film si concentra, in particolare, sul periodo in cui Eduardo Scarpetta, al culmine del successo professionale, in un eccesso di ottimismo e vanagloria, decide di sfidare il più grande poeta italiano dell’epoca, D’Annunzio, parodiandone “La figlia di Iorio”. Il nostro, in compagnia del compagno d’affari di sempre, si sincera personalmente di non incorrere in problemi futuri facendo visita al Vate. La scena dell’incontro è costruita come se Totò e Peppino fossero ricevuti nel “Rocky Horror Picture Show”. Da qui in poi la buona stella di Scarpetta inizia a venire meno e la fama a incrinarsi, poiché non solo la commedia parodistica viene fischiata al debutto, ma seguirà perfino l’accusa di plagio. Con la benedizione dei drammaturghi di nuova generazione, Scarpetta è trascinato in tribunale per quella che è la prima storica causa, in Italia, sul diritto d’autore. A mettere a dura prova l’uomo e l’artista, da un lato c’è la logorante durata del processo, dall’altra la nascita di un nuovo tipo di rappresentazione teatrale, il dramma popolare.

Immaginato come una commedia corale, “Qui rido io” mischia continuamente l’ambito teatrale e quello casalingo, lasciando non solo che sfumino l’uno nell’altro, ma che la recitazione resti la stessa in entrambi, proprio a rimarcare come la vita e l’arte siano in simbiosi per figure come Scarpetta. Attorno a questo mitologico patriarca si muove una tribù in cui tutti, prima o dopo, hanno modo di calcare le scene e chi è escluso dalla linea di successione, perché non riconosciuto, ha comunque la possibilità di studiare.

“Qui rido io” è la messa in scena del personale “paradiso di voluttà” di un maschio istrionico che ha saputo gestire la propria “amoralità” al punto da renderla bene accetta a chiunque gli fosse d’intorno. Forte di un patrimonio artistico che rappresenta “un’eredità e una rendita” si è costruito un harem che funziona a meraviglia.

“In questa casa la vergogna non sappiamo cos’è” è l’incipit di un irresistibile scambio verbale tra moglie ufficiale e compagne officiose, di cui una con neonato al seno e l’altra prossima al parto.

Ritratto della convivialità gioiosa, “Qui rido io” è la celebrazione di un'allegrezza atta a celare le parti dolenti dell’esistenza, come lo scorrere del tempo, la perdita, gli smacchi.

Un film senza dubbio gustoso e dalle belle scenografie (anche musicali), ma che si trascina fuori tempo massimo, incapace, proprio come il protagonista, di calare il sipario prima di annoiare il

pubblico o farlo sentire prigioniero. A causa dell’eccessiva ridondanza di situazioni casalinghe e non, infatti, si arriva provati ad un gran finale concepito come trionfo di puro istrionismo.

In uscita nei cinema il 9 Settembre.

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