Cerchi concentrici fino alla riva. Un sasso nello stagno. Gigi la legge che, contro ogni previsione, si è portato a casa il premio speciale della giuria al Locarno Film Festival appena concluso, ha la forza dirompente di un trauma nelle acque chete della quotidianità. Quella - diciamolo - dove non succede mai nulla. E l'unico fatto vero sono quei binari sporchi di sangue che rappresentano un perimetro. Un mondo chiuso in un fazzoletto. Culla di lacrime per chi si consegna alla ferrovia nell'ultimo viaggio. Sola andata. Addio alla vita. Gigi è la legge perché fa il vigile in un angolo di Friuli e di confine, affacciato sul Tagliamento. San Vito, paese natale del regista Alessandro Comodin e San Michele, luogo delle riprese, dove lavora Gigi (Pier Luigi Mecchia) che, del giovane autore, è lo zio, ma sta in Veneto. «Sono tornato a casa. Ogni tanto lo faccio. Era accaduto per L'estate di Giacomo che ha scandito la mia lontananza dalle origini. Me ne sono andato vent'anni fa per fare l'Erasmus e, a Parigi, ho trovato moglie e due figli. Così sono rimasto là». L'appuntamento è Locarno, dove Comodin nel 2011, ritirò il Pardo d'oro nella sezione «Cineasti del presente». Era un quasi esordiente e la giuria ci vide giusto a premiarlo.
Per trovare altri italiani serve qualche sforzo di memoria. Nel 2019 Maura Delpero ottenne una menzione speciale con Maternal. Sembrava un miracolo perché si deve tornare indietro di quasi due decenni per trovare un Pardo d'oro nel concorso internazionale. Il 2004 fu l'anno di Private di Saverio Costanzo e nel 2001 vinse Alla rivoluzione sulla due cavalli di Maurizio Sciarra. In mezzo qualche attore più o meno affermato. Per Ilaria Occhini che nel 2008 prese un Pardo che profumava di titolo alla carriera, Marco Grieco nel 2005 si portava a casa la statuetta a dieci anni. Il riconoscimento a Comodin conferma le promesse del 2011. «Mi aspettavo di vincere. Anzi, ne ero certo. No, scherzo. Figuriamoci se posso essere così fiducioso, io che sono un insicuro di base. Oddio, adesso va meglio perché qualche consapevolezza in più l'ho messa da parte».
Ad esempio, il cinema come campo minato. «Se si aspira a guadagnare soldi meglio rivolgersi ad altri lavori. Io non mi illudo e vado dritto per la mia strada». Gigi la legge punta le sale perché «per il grande schermo è nato» ma non sarà un percorso facile. «Ho pazienza e non c'è fretta. Vediamo che cosa accadrà». Lui, Gigi, in paese è un personaggio. «È l'autorità costituita e il dandy. Due anime di uno stesso cuore, con quel suo modo di parlare così scandito e posato. Quasi seduto. Diventato leggenda in quello spicchio di Triveneto». Un vigile che è un uomo qualunque con la divisa. Litiga con il vicino di casa per le piante e sfodera l'eleganza da lumacone per risultare simpatico alla giovane collega. Insomma, quello che accade in qualsiasi vita. A qualsiasi latitudine. «Adoro mio zio e sono felice di avergli regalato un briciolo di visibilità nel piattume di tanti mesi uguali». Adesso la prossima scadenza coincide con il nuovo film. «Tornerò in Friuli per raccontare la vacanza di una ragazza che non è mai uscita dal paese e lo fa per la prima volta, andando a pochi chilometri da lì. Una distanza breve che simboleggiare un'odissea epocale». E un altro ritorno alle radici. « Questa professione non arricchisce ed è avara di soddisfazioni ma almeno mi riporta all'album di famiglia. Nel cortile di Gigi la legge giocavo quando ero bambino.
Nella luce di tante giornate immobili e nel buio della sera con i cugini. Ascoltando le storie di mia nonna. Il fanciullino che c'è in me viene a galla, ora mi porterà dalla ragazza che assaggia il gusto sconosciuto delle ferie». Siamo sempre quello che siamo stati.
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