Rubino, Gualazzi e Arisa in finale Fuori a sorpresa il favorito Renga

Premio della critica a Cristiano De André per la canzone eliminata. Deludono le voci provenienti dai talent show e Antonella Ruggiero

Rubino, Gualazzi e Arisa in finale Fuori a sorpresa il favorito Renga

Ma le pagelle vere arrivano dopo. Prima i brani sono orfani dell'interpretazione sul palco, delle intemperie della gara, della virulenza dell'orchestra che gioca sempre un ruolo decisivo per pubblico e critica. Solo a fine Festival si può dare una valutazione il più possibile rispettosa delle canzoni e di ciò che hanno voluto portare in scena. Poi il verdetto finale darà il parere inappellabile. Radio e classifiche di vendita pure. Ma il «qui e ora» del Festival si capisce alla fine. Quando si possono dare voti e valutazioni che accompagneranno i brani a giocarsi il futuro. Così.

RAPHAEL GUALAZZI & THE BLOODY BEETROOTS 7,5

Indefinibili perché senza confini. «Liberi o no» ha respiro internazionale ma attenzione: Gualazzi è unico e la contaminazione è pericolosa se diventa cronica. Ma anche lui, Raphael Forrest Gump Gualazzi, è un tesoro che paga solo qualche timidezza dal vivo. Scalano la classifica ed entrano a sorpresa nella finalissima.

ARISA 7/8

A lei piace andare «Controvento» e difatti questo è il brano che la rappresenta meglio. La voce un usignolo. La canzone tipica sua. Si illumina quando la canta e solo così riesce a essere davvero comunicativa. Se solo si decidesse a non avere incertezze stilistiche, si troverebbe la strada spianata. «Controvento» non andrà forte in radio ma è un gioiello da repertorio.

RENZO RUBINO 8/9

Ha perso il suo brano migliore («Per sempre e poi basta»), ha giocato al meglio con quello meno forte («Ora»). È il talento più vero lanciato dal Festival negli ultimi anni. Cantasse le pagine gialle, renderebbe divertenti pure quelle. Dote rara. A patto che non si compiaccia troppo di esser bravo e cerchi sempre canzoni così: borderline. Nessun giovane potrà superarlo.

ANTONELLA RUGGIERO 5

Per carità, voce inattaccabile, voglia di sperimentare pure. Ma se i brani sono inferiori alle potenzialità vocali si rischia il manierismo. Se non fosse passato dall'Ariston, «Così lontano» avrebbe avuto qualche oncia di credibilità in più. Ma qui è sembrato un ibrido senza punti cardinali.

CRISTIANO DE ANDRÉ 9

Due brani coraggiosi. Lui ben al di sopra delle attese. «Invisibili» (premio della critica) è straziante e si «apre» troppo tardi per essere capita subito (poi il dialetto non aiuta). Ma «Il cielo è vuoto» ha i cromosomi inattaccabili di un gioiello di scuola genovese. Per lui è il momento giusto.

FRANCESCO SARCINA 6,5

Diventerà un crooner? O un rocker?? Qui, inattaccabile ogni sera nelle performance, non l'ha fatto capire. «In questa città» ha molto più appeal di «Nel tuo sorriso», anche se a entrambi manca il colpo del kappaò definitivo. Quello prova a metterlo lui, con guasconeria. Basterà?

FRANKIE HI-NRG MC 7-

«Pedala» è il perfetto brano rap 2.0. L'altro («Un uomo è vivo») no. Frankie ha una scrittura che il 99% degli altri se la sogna. E anche ora ha fotografato l'Italia meglio di tanti italiani, e senza nichilismo. Piccolo appunto: la metrica talvolta è ardita e toglie agilità interpretativa.

GIULIANO PALMA 6-

È una macchina da guerra, non da Festival. Non sbaglia un colpo ma tutti i colpi sono uguali. Limitarsi a una gara lo ha limitato. E «Così lontano», molto vintage molto Zilli, è volatile, al di sotto delle attese e privo di quel gancio irresistibile che hanno quasi tutti i suoi brani.

GIUSY FERRERI 5/6

Ma perché è rimasta tra color che son sospesi? La prima sera aveva problemi di voce. Poi di identità. La Ferreri ha una voce che è una pantera, inutile metterle l'abito di gala come ha fatto anche nel brano «Ti porto a cena con me». Giusy è «rough», ruvida e caliente. Altrimenti non è.

NOEMI 5

Bravissima. E coraggiosa. Ma Sanremo stavolta non era la sua tazza di tè (per dirla all'inglese come piace a lei). Brani inferiori a tutti gli altri del suo nuovo disco «Made in London», prestazioni a metà tra l'incertezza e l'irruenza senza controllo. Lei è altro dal Festival, se ne renda conto.

PERTURBAZIONE 5/6

Hanno messo tra parentesi la loro storia indie in cambio di visibilità. «L'Italia vista dal bar» è (giustamente) passata nel dimenticatoio. Invece «L'unica» è ben costruita e soprattutto ben cantata perciò funzionerà in radio. Ma questi sono stati i veri Perturbazione o dei sosia?

FRANCESCO RENGA 8+

Comunque sia andata, è stato inattaccabile. Ha perso per strada il brano più debole e ha cantato come solo lui può fare il perfetto brano di pop italiano. La voce è più ambrata (no allusioni). La personalità è finalmente unica anche se ormai con il rock non c'entra più nulla.

RICCARDO SINIGALLIA 6

Più outsider di così. Il suo brano migliore («Una rigenerazione») è stato eliminato e l'altro squalificato. Non è un cantante e spesso come interprete si lascia frenare dalla timidezza. Ma ha una dolcezza malinconica che lo rende unico. Per favore Sinigallia non sprecare questa occasione.

RON 8++

Inattaccabile. E fuori gara pur avendola giocata.

Il brano più complesso, «Un abbraccio unico», ha giocato una sera solo. L'altro, «Sing in the rain», sarà un must dal vivo. Ma a Ron bastava far capire che oggi lui è la sublimazione di tecnica, savoir-faire ed esperienza. Il migliore di questa edizione.

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