È un Clemente Russo messo al tappeto quello che è uscito l'altra sera dal Grande Fratello. Abbattuto dai pugni che si è dato da solo. Dopo la reprimenda ricevuta durante la puntata del reality, la cacciata per bocca di Ilary Blasi, i rimproveri morali di Alfonso Signorini, ieri il pugile ha cercato di riscattarsi spiegando con un comunicato diffuso ai media quanto aveva già provato a dire lunedì sera. Tra le righe il timore di aver perso la reputazione per sempre, di essere espulso dal corpo della Polizia penitenziaria di cui fa parte, e di vedere la carriera di sportivo finire, oltre a quella televisiva. Ricordiamo che Russo, in un colloquio notturno con Bettarini si è lasciato andare a dichiarazioni stupide (pensando di non essere sentito dai microfoni) sulle donne e in particolare sulla Ventura («le donne che tradiscono dovrebbero essere ammazzate»).
«Prendo atto delle reazioni che ha suscitato la mia partecipazione al Grande Fratello Vip - scrive Russo - considerati i toni e le modalità della mia uscita di scena non posso dirmi stupito dei contraccolpi, talvolta dolorosi come pugni sul ring». Oltre alle dovute scuse nei confronti di chi è stato coinvolto dalle sue parole e delle donne in generale, il pugile si prostra soprattutto nei confronti del Ministro della Giustizia Andrea Orlando e dell'Amministrazione Penitenziaria. «Mi sento estremamente amareggiato per il fatto che la mia attuale posizione personale possa in qualche modo nuocere all'immagine della Polizia Penitenziaria». Infine invoca un minimo di attenuanti: «Avrei dovuto rendermi conto che la filosofia del programma è quella di negare in modo totale il diritto alla riservatezza e perciò non si può invocarla nemmeno quando si ritiene in buona fede di averne subito la lesione». Infine proclama di essere una persona diversa da quella che si è vista nella Casa, sportiva, leale, esempio per i ragazzi di strada e buon padre di famiglia.
Chissà se le scuse produrranno effetto.
Intanto il ministro della Giustizia Orlando ieri ha ribadito che «il modello a cui aspira la polizia penitenziaria è quello della polizia delle garanzie. E non è accettabile che un suo esponente dica che la donna che ha tradito il suo uomo deve morire». LR
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