Salone del libro nel caos. Ecco il "piano B" degli editori stufi di Torino

Pronto il progetto di una nuova società per creare un'altra fiera. Che probabilmente sarà a Milano...

Salone del libro nel caos. Ecco il "piano B" degli editori stufi di Torino

Questa volta la tempesta che si abbatte sul Salone del Libro di Torino sembra non lasciare spazio alla speranza che il sole rispunti. La storia della manifestazione torinese, nata nel 1988, è arrivata alla parola fine? I protagonisti, dopo tante avventure, sono stufi. Gli editori non ne possono più e mettono in campo un progetto di "modello di società" (così recita il comunicato di ieri dell'Aie, cioè l'associazione editori, dopo una lunga riunione a Milano) "per lo sviluppo di manifestazioni fieristiche ed eventi per la promozione del libro a livello nazionale e internazionale". Gli attori politici tentennano e le risposte latitano.

Ma mettiamo un po' di ordine nella faccenda, molto intricata. Tutto comincia alla fine dello scorso anno, quando il mugugno degli editori si sente così forte da venire portato all'esame dell'assessore alla cultura della Regione Piemonte Antonella Parigi, del presidente Chiamparino e del ministro Franceschini. Insomma di quella istituzione che è il Salone. Un'istituzione - a dire degli editori - così particolare da risultare ingestibile: "Parliamoci chiaro: la Fondazione del Salone del Libro di Torino è lo strumento di politica culturale delle amministrazioni del territorio, si sfoga col Giornale il presidente dell'Aie Federico Motta. "Ed è uno strumento politico dove han sempre deciso Comune e Regione".

Quindi a noi editori che cosa resta? Il caos e la mancanza di strategia. È ciò che pare si siano detti prima tra loro e poi a muso duro con le istituzioni di cui sopra gli editori italiani. E dopo qualche altro tentativo, Motta di è dimesso a febbraio dal consiglio di amministrazione della Fondazione per il Libro: una separazione ma non un divorzio. E però a buon intenditor poche parole. Ma la Fondazione sembra abbia fatto orecchie da mercante: "Ovviamente le dimissioni dal CdA della Fondazione del sottoscritto erano dovute al fatto ovviamente di non essere in linea" prosegue Motta. Eravamo insoddisfatti del sistema Fondazione e della gestione del Salone. Ce ne siamo andati dando disponibilità a un coinvolgimento, ma non è successo nulla". E poi ci si sono messe le aggravanti: il tema del disastro patrimoniale, economico, finanziario - che pareva risolto con l'ingresso di Banca Intesa e di UniCredit, del MiBac e del Miur in realtà poi non sembra risolto affatto: "Io sarò limitato, ma non riesco a capire che ci facciano due Ministeri in una fondazione locale e poi UniCredit non sembra entrata affatto..." continua Motta, che stamattina guiderà la delegazione degli editori in un incontro con Chiamparino e il nuovo sindaco di Torino, Appendino.

La Fondazione però ha passato il segno e i tempi manageriali non coincidono con quelli politici, per cui, incontro o non incontro di oggi, su cui l'Aie dichiara di non avere pregiudiziali, il "piano B" degli editori da ieri sera è pronto: una società, in cui entrerà chi ha interesse a entrare, libera di creare e gestire magari un'altra Fiera, magari non a Torino, e magari tanti altri eventi per lo sviluppo del libro e della lettura in Italia e anche all'estero: "Un modello di società che permetta una grande manifestazione fieristica a livello nazionale e internazionale, aperta al pubblico, ma anche momento di aggregazione, discussione e progettazione di tutto il mondo editoriale. Editori, ma anche librai, bibliotecari, promotori e fornitori di servizi. Con la possibilità di creare tavoli in cui discutere di sistemi in sinergia con le fiere internazionali: il mercato dei diritti d'autore, per esempio, che va modernizzato. Concorrenza con Francoforte? Impensabile. Magari però in un momento come questo, potremmo rappresentare un'altra London Fair" racconta nel dettaglio Motta.

Per il Salone, e per Torino, c'è di che tremare: perdere il Salone sarebbe un brutto colpo: "Il problema al di là dell'inchiesta è che questi anni di gestione della Fondazione sono stati complessi. Non dico all'insegna dello spreco, perché il Salone è stato il fiore all'occhiello della città, ma una Fondazione istituzionale per una Fiera è un modello superato" sbotta Luca Beatrice, Presidente del Circolo dei Lettori di Torino. "Senza editori il Salone non si fa, quindi il rischio è che il Salone vada via da Torino. A Milano, probabile. Qui rimarrebbe in mano a un sistema vecchio, in una città che ha pochi editori, un mercato assente e negli anni non ha creato una classe dirigente con teste nuove, pensanti. Temo che Torino potrebbe sparire dai radar".

Di parere ottimista o almeno speranzoso pare invece Ernesto Ferrero, direttore uscente del Salone, che al Libraio.it ieri ha detto che il Salone non finirà.

Anzi, "può eventualmente convivere con una nuova manifestazione milanese, sempre che ci si segga attorno a un tavolo per elaborare una strategia comune e si eviti una concorrenza interna in un ambito già in difficoltà come quello librario".

E oggi - nell'incontro tra editori e politici - si vedrà se questa strategia comune può far arrivare al Salone ancor più vicino ai trent'anni di vita.

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