Salsicce, fashion, auto. Così il boss Briatore va a caccia di manager

Il 17 gennaio parte la seconda stagione di "The Apprentice". Più dura e selettiva

Salsicce, fashion, auto. Così il boss Briatore va a caccia di manager

da Malindi (Kenya)

«Questo non è un gioco. Non è un reality», scandisce Flavio Briatore con il ghigno du rôle presentando la seconda stagione di The Apprentice. Si tratterebbe, invece, proprio di un reality, quello in cui il boss premia un aspirante manager con un contratto (l'edizione con Donald Trump è un classico Usa, compresi gli orrorifici you're fired!, sei licenziato!). Ma in questo caso e con i tempi che ci corrono in mezzo il confine tra reality show e realtà vera si sposta un gradino più in là in direzione di quest'ultima: un'opportunità reale in un momento complicato. Un'esperienza anche dura, e l'Occasione, con la «o» maiuscola. Il vincitore della scorsa edizione, Francesco Menegazzo, ha lavorato per un anno con Briatore, e i risultati sono stati buoni. Continuerà a occuparsi dell'appena ultimato Billionaire resort di Malindi. È ancora Briatore il boss del programma, aiutato da un board formato dalla collaboratrice storica Patrizia Spinelli e da Simone Avogadro. «La rete non ha minimamente interferito», ha detto Briatore durante la presentazione alla stampa che si è tenuta proprio al nuovo Billionaire keniota. «Abbiamo deciso tutto noi, magari sacrificando qualche “bello con gli occhi azzurri” per mandare avanti qualche bravo». Il programma partirà il 17 gennaio su Sky uno Hd, e andrà avanti per 10 venerdì. A quanto pare, dopo XFactor e Masterchef l'obiettivo è, appunto, rendere sempre più reale il reality. «Abbiamo stretto accordi con varie aziende, da Groupon alla Juventus, a Igino Straffi, il creatore delle Winx. Per scegliere i 14 concorrenti, 7 uomini e 7 donne, fra oltre cinquemila candidati abbiamo dovuto servirci di una vera società di recruiting», ha spiegato Gabriele Immirzi, che cura la produzione per la Freemantle media. «Quest'anno abbiamo fatto un programma migliore. La qualità media dei candidati è superiore a quella dell'anno scorso», ha aggiunto Briatore. Si va, tra gli altri, dal 22enne Marco Martinelli, studente di biotecnologie di Lucca, alla 27enne Anna Zhitnikova, di Mosca ma residente a Milano, responsabile finanza del settore lusso, a Simone Piadena, 42enne imprenditore di locali notturni. Origine ed estrazione molto varie per un format che punta sulla singolarità e, come ha sottolineato Nils Hartmann, a capo delle produzioni originali Sky, «sull'aspetto narrativo, necessario in un talent show atipico come questo, ma sempre in un'ottica di tv-realtà». E la realtà può voler dire anche, come nella prima prova di The Apprentice, riuscire a organizzare una rivendita di salsicce su un camioncino a un gran premio di Formula Uno, dall'acquisto degli ingredienti alla commercializzazione. In ogni puntata i concorrenti saranno divisi in due squadre, e le prove saranno via via più complesse, dall'organizzazione di un'asta di beneficenza all'ideazione di una linea di abbigliamento, alla promozione di un modello di auto. La puntata finale si svolgerà a New York. Anche questa volta in palio ci sarà un contratto a sei cifre. «All'inizio pensavo che fare il boss in un programma del genere fosse una roba che non impegna. Erano anni che me lo proponevano, ma ho sempre rifiutato», ha ricordato Briatore. «Poi mi consigliai con Lucio Presta, è stato lui a convincermi. Feci anche due chiacchiere con Donald Trump per avere qualche dritta: lui mi ripeteva sempre very easy. Ma quale facile, easy un par di...». Vien voglia di chiedere a chi afferma di saper scegliere i collaboratori non dal curriculum («sono tutti uguali, tutti fantastici»), ma «dall'odore» qual è la sua valutazione sui trentenni di oggi (l'età media dei concorrenti è quella). «Ti rendi conto che i giovani di oggi sono bravissimi, preparatissimi, ma meno incazzati della generazione precedente, forse perché hanno meno fame», dice.

E lui? Briatore, agli inizi da apprendista, che rapporto aveva con i suoi boss? «Luciano Benetton e Bernie Ecclestone sono le persone da cui ho imparato di più. Ma con loro, in molti casi, ho avuto scontri fortissimi. Sono convinto che anche un boss abbia sempre qualcosa da imparare». Anche i boss restano apprendisti, a vita.

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