Santoro dà l'addio alla tv: "Ma ora ho paura"

Con la fine di Servizio Pubblico si spegne definitivamente - per ora - la telecamera davanti al giornalista

Santoro dà l'addio alla tv: "Ma ora ho paura"

Manca una settimana all'ultima puntata di Servizio Pubblico. Poi la luce rossa della telecamera si spegnerà, forse per sempre per Michele Santoro.

Il giornalista - che sarà in piazza e su La7 il prossimo 18 giugno - si sfoga sul FattoQuotidiano del sodale Marco Travaglio e annuncia ufficialmente il suo addio alla tv. "Sono stanco di una televisione che è diventata routine, ho bisogno di ritrovare il mio tempo, e anche - se posso dire - di sbagliare. Le cose belle vengono se non ti lasci schiacciare dal timore di fare delle cose brutte. Anzi, mi spingo a dirti: devi osare il brutto per sperimentare il bello", dice.

Poi però ammette di aver paura di quello che verrà dopo: "Certo che ho paura. Ho paura di non vedere più accendersi la lucetta rossa della telecamera, quella luce che mi ha accompagnato per trent'anni", confessa, "Ho paura di non ritrovare più la comunità che si è formata attorno ai miei programmi. La paura è un sentimento umano di cui dobbiamo tener conto. Non finisce Servizio Pubblico, ma finisce questo format che aveva avuto inizio in un'altra piazza, era stato voluto nella più grande e finora sconosciuta forma di condivisione collettiva, di intelligenza comune".

Ma guai a dirgli che il talk show è morto: "Fesseria ciclopica. Il talk show in quanto tale è vivo e vegeto. Renzi sarebbe nato senza il talk show? E Salvini, e Landini? La sua crisi esistenziale è dovuta invece alla modestia di un piano industriale che ha scelto, per contenere i costi, di rendere monotematica la giornata televisiva".

Poi lancia una frecciatina pure a Marco Travaglio. "La mia amicizia con Marco si è cimentata e poi consolidata nella resistenza a oltranza al berlusconismo. Quell'amicizia umana e professionale ha visto nascere una comunità grande, enorme. Il mio timore è che abbiamo trascurato questa realtà così vitale. Marco pensa che l' obiettivo di un giornalista, anzi la pratica quotidiana del giornalismo sia quella di opporsi al potere costituito. Certo, criticare il potere costituito è un dovere del giornalista. Ma non condivido il fatto di stare dalla parte dell'opposizione come principio. Perciò ho bisogno di qualcosa di più, di sentirmi parte e anche protagonista della fatica di costruire un mondo migliore".

E non manca certo un riferimento a Silvio Berlusconi, il "nemico" di sempre: "

538em;">"Ha costruito un mondo, contro il quale fieramente e, se posso permettermi, con un successo crescente e straordinario i nostri programmi hanno indagato denunciando la perversione istituzionale del sistematico conflitto di interessi", dice Santoro tornando a parlare del cosiddetto "editto bulgaro", "Berlusconi, che ci aveva fatto chiudere, che ci aveva buttati fuori dalla tv, è dovuto venire da noi alla fine per avere ascolto".

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