da Los Angeles
È il dramma poliziesco più sui generis che sia dato ricordare: quando mai s'è sentito un detective citare Cioran o Shopenauer? Nella miniserie di otto episodi della Hbo True Detective (da poco cominciata negli Usa, il 12 gennaio), Matthew McConaughey si abbandona spesso a monologhi sull'infelicità intrinseca della natura umana, la maledizione della coscienza della propria fine e l'inevitabile «squartamento» esistenziale. Il suo nichilismo non gli impedisce però di investigare abilmente, insieme al collega interpretato da Woody Harrelson - una strana coppia stralunata - su una serie di omicidi a sfondo satanico e squartamenti reali, non metaforici.
True Detective (in arrivo su Sky probabilmente entro il 2014), creato da un professore di letteratura inglese chiamato Nic Pizzolato, si svolge in tre blocchi temporali distinti: nel 1995, al tempo degli omicidi, nel 2002, quando i due detective della polizia della Louisiana (dove tutto si svolge) si separano, e nel 2012, in cui uno alla volta vengono interrogati (da qui i flashback) nel tentativo di far luce su un nuovo caso che potrebbe essere collegato a quelli vecchi. I due rivangano anche sul loro passato e la loro amicizia. Una trama difficile da spiegare e non semplice da seguire: ma le due interpretazioni sono straordinarie. Occorre aver fede e la soddisfazione è assicurata.
Abbiamo incontrato i due attori, amici da molto tempo (è il loro terzo lavoro insieme dopo EdTV, del 1998, e Surfer Dude, 2008), a Los Angeles dove McConaughey ha trionfato nei Golden Globes, per l'interpretazione in Dallas Buyers Club.
Cosa vi ha attratto di questo progetto?
MacConaughey: «Il copione di 450 pagine si faceva leggere come un classico della letteratura hard-boiled mescolata a un saggio di filosofia. Una cosa mai letta prima. Per me una figata. E poi perché volevo recitare con Woody, con cui cerchiamo sempre di fare cose insieme. Che fosse televisione non mi importava, anzi. È l'epoca d'oro della tv: oggi si realizzano cose originali, uniche e rischiose come faceva il cinema negli anni '70».
Harrelson: «Io ho accettato perché non dico di no a niente. Non mi posso mica permettere il lusso di fare lo schizzinoso. Non sono un divo come Matthew. Mi sarebbe piaciuto però recitare il suo ruolo in True Detective, quello dell'ombroso, enigmatico e pessimista che più mi si addice. Invece recito quello più tranquillo, quasi un casting all'incontrario».
MacConaughey: «Effettivamente mi sono beccato il ruolo migliore, e durante le riprese ho sempre punzecchiato Woody per questo. Abbiamo fatto a testa e croce, ho vinto io! Abbiamo fatto come Butch Cassidy e the Sundance Kid: all'inizio era Paul Newman che doveva fare Sundance, e Redford Butch. Poi si sono scambiati ruoli e il film ha fatto storia».
Condivide la visione pessimista del suo personaggio?
MacConaughey: «Ovviamente no, sono ottimista e allegro di natura. Ma mi piace pronunciare quelle parole, il suono stesso, la fonetica. Pizzolato mi ha fatto menzionare Shopenauer invece di Cioran, in una scena del film, per il semplice fatto che gli piace come pronuncio Shopenawah, col mio accento strascicato del Sud e le sue vocali aperte».
Harrelson: «Nella serie il mio personaggio infatti sbotta quando conversa col collega: non parli mai, gli dice, devo tirati fuori le parole dalla bocca, e poi le poche cose che dici fanno venire un'angoscia spaventosa, stai zitto! Ma Matt ed io non smettiamo mai di chiaccherare e scherzare quando stiamo insieme. Un cazzeggio senza fine. La serie è il contrario di noi».
Una vecchia amicizia, la vostra, vero?
MacConaughey: «Siamo amici da prima di EdTv, e ci vediamo spesso quando non lavoriamo. Le nostri rispettive mogli sono grandi amiche. Abbiamo più storie da raccontare dalla nostra vita reale che dai film fatti insieme».
Harrelson: «Con Matt ci si diverte sempre. È un bon vivant con una gioia di vivere insaziabile e contagiosa.
Matthew, da circa un anno lei viene considerato come un grande attore, cosa prova?
McConaughey: «Anni fa ho deciso che dovevo prendermi una pausa e cambiare la mia carriera. Mi ero stufato di fare commedie romantiche. Avevo capito che non stavo affrontando la recitazione con quel senso di rischio e avventura con cui sempre ho affrontato la vita. Il mio agente s'è messo le mani nei capelli. Poi mi ha chiamato Steven Soderbergh per Magic Mike e da una cosa è venuta fuori un'altra. Per Dallas Buyers Club ho perso 25 chili e ci ha quasi rimesso la saluta. Ma lo rifarei subito, ne valeva la pena. La magrezza e la dieta mi hanno dato una chiarezza mentale mai provata prima».
Harrelson: «Devo dire che Matt secondo me è sempre stato un grande attore, dal primo giorno, dai tempi di Dazed and Confused e Il tempo di morire. Un talento straordinario. Finalmente l'industria se n'è resa conto e gli sta dando il rispetto che ha sempre meritato».
Matt, si sta già preparando il discorso per l'Oscar?
McConaughey: «Strapperò una pagina di monologo di True Detective e farò venire l'angoscia a tutti con la caducità delle cose terrene e la futilità del tutto».
Harrelson: «Il suo champagne me lo scolerò io. Vediamo se mi porta fortuna bere dal suo calice. Perché tutto quello che Matt tocca in questi giorni diventa oro colato».
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