Peres invita Allen: "Vieni a girare in Israele"

Perché non Gerusalemme dopo Roma e Parigi? Il regista nicchia: ci vogliono 18 milioni di dollari. E parte la colletta

Non abbiamo fatto in tempo a discutere sulla soldatessa israeliana in bikini, ma col mitra a tracolla sulla spiaggia di Tel Aviv, tra i bagnanti inermi, che da Israele arriva un'altra bombetta estiva. L'ottantottenne Capo di stato Shimon Peres sta facendo pressioni sul quasi coetaneo Woody Allen, perché il noto regista vada a girare il suo prossimo film a Tel Aviv o a Gerusalemme. Visto che ogni cartolina europea inviata ai cinespettatori globali dal Chaplin dei nostri tempi mette in moto il business turistico - a Roma, per esempio, dopo il loffio To Rome with Love, sono raddoppiati i turisti Usa, attratti da una Capitale inesistente -, dovrebbe toccare a Gerusalemme, magari, un bel ritratto allenesco. Del resto,con Vicky Christina Barcelona Woody ha resuscitato il Gaudì, mentre Midnight in Paris (155 milioni di dollari al box-office globale) ora è il titolo d'una pubblicità turistica della Air France. Per tacere di Londra, beatificata nel migliore dei suoi film, Match Point e della romanticizzazione di New York, nei Settanta ritratta in tutto il suo splendore moderno direttamente dall'enorme appartamento di Woody a Manhattan. È fuor di dubbio, quindi, che il migliore spirito metropolitano abiti nel cuore del cineasta newyorchese, al momento impegnato sul set di un erigendo suo film, proprio nella Grande Mela che gli pulsa dentro.
Ma non sarebbe meglio, butta lì Peres, dare il due di picche e spostarsi nella «frizzante Tel Aviv», dove «gli israeliani sono un miscuglio di sfacciataggine e d'improvvisazione»? Prima di capire quanto questo sia un gioco di sponda tra i papaveri d'Israele (compresi il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat e quello di Tel Aviv, Ron Hulday) e l'autore,che finora non ha messo piede in Terra Santa, facciamo due conti. Ogni film di Allen costa 18 milioni di dollari, ragion per cui due settimane fa The Jewish Journal ha lanciato una campagna per raccogliere i fondi necessari a mettere in piedi un film. «Non è un'idea così pazza: qualche dollaro per ciascuno e Allen torna in Israele a girare. Devo ricordarvi che è il più grande regista vivente del mondo?», ha scritto Rob Eshman sul sito del quotidiano. Non male per un regista che ha, sì, definito con simpatia e umorismo l'immagine del perfetto ebreo contemporaneo, sempre in bilico tra erotomania alla Philip Roth e autocritica feroce, ma che non si è mai speso per la causa di Israele. Anzi, pur dichiarando tutto il suo amore per Gerusalemme, talvolta ne ha criticato le scelte politiche. Comunque in varie interviste l'artista, che al suo attivo conta 47 film e 68 sceneggiature, ha lasciato capire come i suoi interessi siano lontani dall'impegno politico. Un suo portavoce non ha escluso che in un futuro più lontano Allen possa decidere di visitare Israele e verificare se esistano le condizioni per dedicare una propria opera a Gerusalemme o a Tel Aviv. Per ora è troppo indaffarato.


Eppure, questa macchina da guerra con i capelli grigi, sarebbe l'icona perfetta per rilanciare l'immagine di Israele nel mondo. Dimenticato lo scandalo Soon-Yi, che nei Novanta costò a Woody un pesante isolamento, ormai il regista viene celebrato da più parti.

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