La sinistra arcobaleno col paraocchi, quella sensibile solo ai discorsi di chi sventola bandiera rossa, ha storto il naso davanti alla performance di Checco Zalone, che sul palco del teatro Ariston ha messo alla berlina i comportamenti omofobi, denunciando l'ipocrisia di chi da un lato spende parole contrarie al mondo Lgbtq, per poi cercare compagnia in quegli stessi ambienti. L'ha fatto a modo suo, senza cercare la lacrima facile e senza far leva sul vittimismo, ma provando a strappare una risata pescando a piene mani dagli stereotipi dell'italiano medio. Una pratica comune per la comicità a ogni livello, che dal palco di Sanremo ha un'enorme eco di risonanza.
Quella di Checco Zalone è stata una denuncia vera, fatta con un linguaggio semplice e accessibile a tutti, proprio perché il messaggio che voleva mandare il comico pugliese doveva arrivare a chiunque, non solo a una certa elite. La sua denuncia è stata in forma di favola, una storia ambientata in Calabria in cui il personaggio principale è Oreste, un trans brasiliano che viene invitato a un ballo a corte. Oreste si innamora del principe ma il loro amore è ostacolato dal re omofobo, che però è un suo "cliente affezionato".
Eppure, anche stavolta, un certo mondo Lgbtq ha avuto da ridire. La prima a lamentarsi per la gag di Checco Zalone è stata Vladimir Luxuria: "Apprezzo la finalità di condanna all'ipocrisia dei falsi moralisti, di quelli che ci cercano e poi fanno finta che non sono mai stati con noi. Però una trans si può cercare anche in un locale, in un luogo di lavoro, su un autobus, non è che per avere un contatto con una trans si debba per forza andare nel vicoletto buio".
L'ex parlamentare ha aggiunto: "Lo sketch era tutto improntato sulla impossibilità e sulla ridicolizzazione del tentativo di essere femminile da parte di una trans. Tutto un mix di pomo d'Adamo, numero di scarpe 48, la rima con 'azzò, il fatto che un uomo che va con una trans si piega e vuole la banana: tutta una ossessione sul ridicolizzare la femminilità di una trans".
Per Vladimir Luxuria è "come se Zalone avesse voluto fare lui, stavolta, l'ipocrita: da una parte condannare il falso perbenismo di quelli che ci condannano, dall'altro però far ridere il popolino su tutti quegli stereotipi che ci vogliono ad esempio col 48 di piedi. Vorrei dire a Checco che sono alta 1.78 e porto il 41 di piedi. Non ho neanche il pomo d'Adamo. Non sono per la censura ma rivendico il diritto alla critica di sketch che più che far ridere deridono".
E critiche a Checco Zalone sono piovute anche dall'Arcigay del Molise: "Accogliamo con delusione che quello che doveva essere il Festival dell'inclusione diventa luogo di ripercussione di stereotipi macchiettistici ormai superati e facenti parte di una modalità di intrattenimento discriminatoria e superata". Queste le parole di Luce Visco, presidente dell'Arcigay Molise, che poi ha aggiunto: "Il teatrino andato in scena tra Amadeus e Checco Zalone descrive le persone trans in maniera anacronistica e fuorviante, e per questo è necessario chiedere scusa a tutte quelle persone offese da tale momento. Le persone trans, con tanto di accostamento alla prostituzione, non meritano di essere ancora etichettate in tal modo".
Immancabile il commento su questa falsa riga da parte della senatrice dem Monica Cirinnà: "L'omotransfobia è un dramma che attanaglia la vita di tante persone e bene ha fatto Zalone a sceglierlo come tema del suo intervento. Purtroppo, però, il risultato è stato disastroso. E non lo dico io. Lo dicono autorevoli voci della comunità trans che da quel pezzo si sono sentite offese, derise e ridicolizzate".
La presunzione di voler imporre, oltre che il pensiero, anche il modo in cui questo viene espresso, è da tempo una prerogativa di una certa sinistra: "Quello a cui bisogna prestare attenzione quando si toccano argomenti così delicati è la scelta delle parole e degli esempi che rischiano di non passare al pubblico per come sono stati pensati dall'autore. Stimolare la riflessione è una spinta positiva che deve accompagnare tanto il pubblico quanto i comici".
Tra le colpe di Checco Zalone, per una certa parte di pensatori, c'è quella di essere un maschio, etero, bianco e quindi non potrebbe parlare di certi argomenti.
Lo spiega bene Monica Cirinnà questo tipo di ragionamento, facendo un parallelismo con Lorena Cesarini: "A differenza di Zalone, lei sa di cosa parla. E lo sa perché l'ha vissuto e, ahimè, lo vive sulla propria pelle".
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