Sono in arrivo i fondi per aiutare i teatri. Ma non basteranno

Dici lirica e pensi al rosso: di velluti, ma anche di situazioni debitorie

Sono in arrivo i fondi per aiutare i teatri. Ma non basteranno

Dici lirica e pensi al rosso: di velluti, ma anche di situazioni debitorie. E di fatto, 10 delle nostre 14 Fondazioni lirico-sinfoniche (Fls) dal 2013 sono soggette a piani di risanamento. Che spesso coincidono con sforbiciate, «quando c'è da ridurre i costi, il taglio al corpo di ballo è sempre stata la carta più facile da giocare», ha lamentato Roberto Bolle nell'audizione alla Commissione Cultura mercoledì 15 dicembre. Per le Fondazioni liriche in difficoltà, negli ultimi otto anni sono stati stanziati fondi pari a 198 milioni (ex L. 112/2013), così si legge nell'ultima relazione semestrale firmata dal Commissario straordinario del Governo per le Fls, Marco Amoruso.

Gli interventi finanziari sarebbero vincolati al raggiungimento del pareggio economico e all'equilibrio patrimoniale e finanziario. E di fatto le Fls hanno chiuso l'esercizio 2020 con un risultato positivo. Tuttavia permangono debiti patrimoniali pregressi, il caso del Teatro del Maggio di Firenze che ha un debito di 53 milioni (di cui 28 verso lo Stato), dell'Opera di Roma con un debito di 42 milioni (21 verso lo Stato), 30 milioni è il debito del Carlo Felice di Genova, 29 dell'Arena e 26 del San Carlo di Napoli. La lista prosegue.

In questo contesto si inserisce l'ultima Legge di Bilancio che prevede per le 14 Fls l'erogazione, a fondo perduto, ed entro il 2023, di 150 milioni di euro. Somma destinata a ricapitalizzare le Fondazioni indebitate e in misura minore ad accrescere il patrimonio delle realtà virtuose come la Fenice di Venezia che consegna bilanci in ordine dal 2011 o la Scala di Milano. Come e secondo quali criteri saranno ripartiti tali fondi? Risposta non pervenuta, anche ai teatri. Andrea Delaini, responsabile amministrativo dell'Arena di Verona teme che «qualora i criteri di ripartizione fossero legati all'ammontare dei debiti o del Patrimonio netto disponibile, Fondazione Arena sarebbe svantaggiata poiché sta gestendo con rigore la situazione debitoria. Rispetto al bilancio del 2017, il patrimonio netto disponibile al 31 dicembre 2020 è aumentato di 6,1 milioni». In generale si prevede che chi ha fatto meglio avrà di meno, del resto qui la meritocrazia non paga: sono erogazioni pensate anzitutto per chi è in difficoltà. E così esulta il sindaco di Firenze Nardella che ha dichiarato che con questa operazione verrà estinto «lo stock di debito del Maggio arrivato a 40 milioni di euro», per la verità dal teatro fiorentino ci informano che aggirandosi la cifra intorno ai 40 milioni, l'ente non potrà azzerare il deficit che va oltre in 50 milioni. A Torino si attendono 30 milioni per ricapitalizzare l'ente, ma il GM del Regio, Guido Mulé, ci spiega che chiederanno ulteriori 25 milioni per ripianare il rosso gestionale.

C'è chi canta vittoria, ma i 150 milioni in arrivo non riescono ad estinguere il vizio originale perché «sulle fondazioni grava un debito complessivo di 350 milioni» osserva - guardando oltre l'orto delle 10 Fondazioni di cui sopra - Francesco Giambrone, neo-sovrintendente dell'Opera di Roma (dopo anni di sovrintendenza a Palermo) e presidente Anfols (associazione nazionale fondazioni lirico-sinfoniche).

Data la montagna di debiti, verrebbe da concludere che il mondo operistico non brilla per gestioni esemplari. Cosa in parte vera, ma alla radice di tanti mali c'è un passaggio avviato 25 anni fa e non da tutti metabolizzato: la trasformazione dei teatri in fondazioni di diritto privato, fondazioni - spesso - prive di una solida struttura patrimoniale. La differenza, poi, la fa chi gestisce la macchina operativa teatrale, complessa per via dei «costi fissi importanti, tali da esigere una sala sempre piena e ricavi aggiuntivi» ricorda Paola Dubini, docente di management alla Bocconi. «Bisognerebbe - prosegue Dubini - puntare di più sulle coproduzioni, e in particolare coi teatri internazionali, rafforzando la relazione coi mecenati e allargando il pubblico. È stata esemplare la conduzione di Barbara Minghetti, sovrintendente a Como (ndr di un teatro di tradizione, e non Fls), la prima sovrintendente ad aprire le porte ai bambini, a coinvolgere la cittadinanza instillando il senso di apparenza al teatro». Un successo con ricadute sulla biglietteria che prima del Covid faceva il 24% del bilancio.

Il botteghino equivale all'utente per il quale si eroga un servizio: se non c'è, per chi si alza il sipario? Prima della pandemia al San Carlo di Napoli la biglietteria incideva sul bilancio per il 15,4%, a Roma per il 22%, al Maggio, Bologna e Palermo era intorno all'11%. Sia alla Scala sia alla Fenice gli spettatori paganti valevano il 27%. Numeri che si commentano da soli.

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