Gli occhi vivi, abituati a fissarsi con precisione sull'interlocutore. Gli stessi che punta dentro di sé quando è alla ricerca di un tema per un nuovo quadro. «Ci arrivo lentamente, partendo sempre dalle parole», dice. Sì, perché sono le parole, il loro intersecarsi incessante attorno a giochi sonori e di concetto (nelle tre lingue che possiede: italiano, inglese e francese) il segreto di Chiara Spagnoli, giovane artista milanese - è del 1985 - autrice di opere «materiche» che partono da una commistione tra pittura e oggetti del quotidiano, quasi sempre decontestualizzati (qualcosa di affine alla cosiddetta arte povera o al «ready made» alla Duchamp) per giungere alla Pop Art.
E così, nelle opere di Chiara Spagnoli (esposte nel giro di pochi anni, dal 2010 ad oggi in personali e collettive a Milano, Venezia, Londra e New York) affiorano forchette, trolley, biscotti e persino patatine fritte che, immobilizzate nel limbo dell'arte, sono pronte a vestirsi di altri significati. O a farsi paradigma di un calembour, un gioco di parole: «Li chiamo proprio così, Calembour Materici e sono la mia ossessione sin dalla tenera età», spiega l'artista nella cui galleria personale (visibile al sito http://www.chiaraspagnoliart.com) appaiono opere dove, ad esempio, la lettera «T» nasconde nel proprio suono il significato inglese di «tea», che è poi il materiale che fa da base all'opera stessa, attraverso l'utilizzo di bustine da the. A volte, le parole rimandano a un universo amato dall''artista, e cioè il cinema, basti pensare a opere come Coffee & Cigarettes (dal titolo di Jim Jarmusch) o Woody (spartiti e clarinetto a evocare Allen).
«Nel 2009 - spiega - ho realizzato un cortometraggio intitolato L'autoritratto dove coinvolgo oltre a me quattro attrici di altrettante lingue diverse». Se deve citare due artisti prediletti, non ha esitazioni: «Alberto Burri e Lucio Fontana, poi il dadaismo».
Seppur molto giovane, Chiara Spagnoli nel 2011 ha esposto alcune opere in una collettiva, Art in Mind alla Brick Lane Gallery di Londra e, lo scorso autunno, alla Ward Nasse Gallery di New York. «Sono fiera della mia italianità ma ammetto che nel mondo anglosassone c'è più dinamismo nell'arte e più apertura verso i giovani artisti. C'è anche meno diffidenza verso chi si cimenta in varie discipline».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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