È il primo film sulla vita di Faber con un cast talentuoso e tante canzoni strepitose del celebre cantautore genovese deceduto l'11 gennaio 2009 ad appena 59 anni. Ed è il film del momento: in onda su Raiuno il 13 e 14 febbraio a pochi giorni dal termine del Festival di Sanremo, Fabrizio De André - Principe Libero sarà distribuito da Nexo Digital il 23 e 24 gennaio con proiezioni speciali in 300 sale cinematografiche.
Co-prodotta da Rai Fiction e Bibi Film, la miniserie in due puntate diretta da Luca Facchini e scritta da Francesca Serafini e Giordano Meacci con la supervisione di Dori Ghezzi ha per protagonisti un eccellente Luca Marinelli (David di Donatello per Lo chiamavano Jeeg Robot) nei panni di Fabrizio De André e le bravissime Elena Radonicich e Valentina Bellè rispettivamente nel ruolo di Puny e Dori Ghezzi, ovvero delle due mogli di Fabrizio. Nel cast anche Davide Iacopini (Mauro De André, fratello di Fabrizio), Gianluca Gobbi (Paolo Villaggio) e Ennio Fantastichini (Giuseppe, padre di Fabrizio).
«Il centro del racconto è Fabrizio, la sua inquietudine e la sua ricerca di libertà, personale e professionale. Volevamo raccontare il suo modo di affrontare il mondo, di osservarlo e di descriverlo. E sono entusiasta del lavoro di Luca Marinelli perché non interpreta Faber, ma lo rappresenta. Non avrei potuto volere di più», spiega il regista. Ambientato tra Genova, Milano e la Sardegna, il film in 192 minuti racconta 40 anni di vita di Faber, dalla scoperta della musica da giovanissimo al primo contratto fino ai concerti, tra amicizie (ci sono Luigi Tenco e Paolo Villaggio), famiglia, amore. Senza dimenticare i quattro mesi di sequestro. Non aspettatevi però un documentario. Anzi. Le licenze poetiche non mancano. «Due su tutte - spiega Dori Ghezzi -. è stata la madre a regalare la prima chitarra a Fabrizio, non il padre. Inoltre, in quegli anni Nanda Pivano non venne mai all'Agnata, in Sardegna». Il racconto del sequestro sull'Aspromonte, avvenuto nel 1979, è invece molto realistico. «Tutto sommato, le nostre condizioni non erano più dure di quanto narra il film. I nostri custodi non sono stati aguzzini e tra di noi si era instaurato una sorta di rispetto reciproco. Nulla a che vedere con la Sindrome di Stoccolma: in fondo anche quei due latitanti e banditi vivevano come noi da sequestrati. Ci hanno messo le catene ai piedi solo quando abbiamo chiesto che ci liberassero dalla tortura dei cappucci. Ecco perché anche noi, dopo, li abbiamo perdonati. Insomma, certe volte è la vita che ti costringe a comportarti nel modo sbagliato», precisa Dori Ghezzi. Che non solo ha partecipato alla scrittura e alla realizzazione della miniserie, ma ha anche fornito i costumi di scena, veri abiti suoi e di Fabrizio. «Questo film piacerà a chi ha conosciuto davvero Fabrizio perché lo ritroverà, mentre chi lo ha soltanto immaginato forse si sentirà tradito. In ogni caso, Luca Marinelli è stato superbo: è come se Fabrizio fosse da sempre dentro di lui. Credo che faticherà a scrollarsi di dosso questo ruolo, forse il più vicino a lui tra tutti quelli che ha interpretato», aggiunge.
Dal canto suo Luca Marinelli, classe 1984, ammette: «All'inizio ero terrorizzato all'idea di interpretare Fabrizio. Ho accettato la parte dopo avere conosciuto Dori, che mi ha trasmesso fiducia, e dopo avere letto la sceneggiatura, ricca di aneddoti sulla sua vita per me ignoti». Tra l'altro Marinelli non usa il playback nelle scene in cui canta le canzoni di Faber. È davvero lui a interpretare i brani che sono stati registrati al di fuori delle riprese. E per riuscirci ha studiato a lungo. «Ho ascoltato e riascoltato ripetutamente i pezzi per rubare qualsiasi cosa: respiri, pause, intonazioni, pronuncia. Solo dopo questa lunga preparazione ci siamo chiusi in studio a registrare per alcune settimane. La mia è stata una rielaborazione, anche se la parola non è proprio corretta. Per esempio, La canzone dell'amore perduto non l'ho cantata come faceva lui.
Del resto, sarebbe stato impossibile uguagliarlo».Insomma, la trama, le canzoni, l'atmosfera, la fotografia, il montaggio e la prova dei protagonisti rendono questa miniserie imperdibile anche per chi non è un fan di De André.
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