"Sulle orme di 105 Classics ora lancio 70/80 Non Stop"

La nuova avventura del fondatore di Radio 105: "Scegliamo musica con passione, non con un algoritmo"

"Sulle orme di 105 Classics ora lancio 70/80 Non Stop"

Edoardo Hazan parla come un gentiluomo d'altri tempi ma ha i piedi ben piantati nel nostro tempo. Dopotutto è un pioniere della radio privata italiana e le radio, si sa, sono implacabili rilevatori dell'attualità. Difatti ora lancia «70/80 Non Stop», che sarà una radio web 4.0 ascoltabile dal 25 luglio in tutta Italia e nel mondo. Per lui è un ritorno al futuro. Nel 1976 con il fratello Alberto ha fondato Radio 105 che all'inizio si chiamava Radio Studio 105 ed era in un monolocale di Lorenteggio a Milano. «Mica pensavo - dice - che sarebbe diventato un lavoro, anzi. All'inizio era dura, siamo nati in uno scantinato pieno d'acqua e dovevamo pagare collaboratori e deejay». Poi è diventata una delle principali emittenti italiane «grazie a mio fratello, che ha insegnato a tanti come fare radio, e ai talenti che aveva intorno, perché senza talento non si va da nessuna parte». Alla fine degli anni '90 Edoardo Hazan è approdato a 105 Classics per «trasmettere la musica anni '70 e '80 che allora non andava in radio se non sporadicamente». Diventò un successo da 150mila ascoltatori giornalieri solo nella zona di Milano. «Era un vero culto», dice.

E ora, Edoardo Hazan?

«E ora la rifaccio, senza lo stesso nome ma con lo stesso spirito. Dopo qualche anno dedicato alla mia vita privata di papà e marito ho pensato: ma perché non ci riproviamo? Come per chiunque faccia radio, il mio non è un lavoro, è una passione».

Sarà una radio dedicata alla musica anni '70 e '80.

«Ma è totalmente attuale».

Come?

«Intanto sarà ascoltabile attraverso tutti gli smartphone Ios e Android e gli smartspeaker. È rivolta a una fascia di pubblico compresa all'incirca tra i 45enni e i 65enni che, come me, hanno vissuto direttamente la miglior musica leggera mai composta».

Lei quanti anni ha?

«68».

Spesso il rischio è che questi suoni risultino «vintage».

«In realtà noi abbiamo un repertorio di 21mila canzoni (occhio: sono proprio 21mila, non so quanti ne abbiano così tante...) che sono state tutte rimasterizzate con suoni modernissimi per appagare anche le orecchie più esigenti».

Non ci saranno deejay ma soltanto musica. Qual è la differenza con una piattaforma di streaming?

«Parliamoci chiaro, tra noi e Spotify la differenza è che Spotify fa le playlist con un algoritmo. Noi no».

Come le fate?

«Noi scegliamo i brani uno per uno, con la nostra conoscenza e la nostra passione. In playlist ci saranno rarità e quelli che una volta si chiamavano B side».

Le B-side erano il «retro» dei 45 giri.

«E spesso sono diventate autentiche chicche per gli appassionati che oggi non riescono neppure a trovarle in giro, figurarsi se possono ascoltarle sui principali canali radiofonici».

Quali sono le coordinate della programmazione?

«La grande musica black, il rock, il pop che negli anni Settanta si è trasformato in tanti generi diversi. E poi gli italiani che hanno fatto scuola».

Faccia qualche nome.

«Beatles, Bee Gees, Barry White, Elton John, Chicago, Traffic, Bowie, Battisti, Patty Pravo, Mina. Ma non soltanto i brani celebri, quelli che conoscono tutti e che qualche volta si ascoltano anche sulle altre radio. Noi andiamo a scavare nelle discografie e a tirare fuori chicche musicali e autorali che a molti farà piacere ascoltare anche perché sono sempre meno ripescate dalle emittenti italiane».

A proposito, che cosa pensa delle radio oggi?

«Mi faccia un'altra domanda». (Sorride - ndr).

Insisto.

«Per me, e quindi parlo a titolo esclusivamente personale, la radio oggi è inascoltabile. Sento gente che urla. Negli Stati Uniti i deejay parlano. In Francia pure. Qui urlano. E sento musica tutta uguale in ogni frequenza. La sensazione è che tutte rincorrano la stessa moda, cerchino di soddisfare lo stesso pubblico, lo stesso filone. Io vorrei essere diverso».

Ma perché il sottotitolo di «70/80 Non Stop» è «The only oldies station»?

«Abbiamo la presunzione di essere gli unici a trasmettere davvero tutti i brani degli anni 70/80 perché non ci limiteremo soltanto alle canzoni che sono finite in hit parade o che tutti ricordano. Sarebbe troppo facile. Noi scaviamo nel passato con i suoni di oggi. Cerchiamo di essere qualcosa in più o, quantomeno, di diverso».

In quasi mezzo secolo di carriera, quali popstar ha incontrato?

«Direi tutte».

Quali le hanno lasciato più emozione?

«Di certo Barry White. E poi Paul McCartney. A vederlo mi sono venuti i brividi e ricordo il suo concerto al Palatrussardi di Milano con la gente che piangeva...».

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