Ugo Spirito (1896-1979), dopo aver metabolizzato e abbandonato la filosofia di Gentile, il fascismo e il comunismo, lasciato indietro il problematicismo, che fu una sua «creatura», intuì la natura rivoluzionaria del nuovo tempo polarizzando i suoi interessi sulla futurologia che «nasce quando muoiono tutte le fedi religiose, metafisiche e ideologiche».
L'antologia curata da Danilo Breschi (L'avvenire della globalizzazione, Luni editrice, pagg. 400, euro 25) raccoglie gli scritti giornalisti prodotti negli ultimi dieci anni, dal 1969 al 1979. Anni contrassegnati da un doppio registro. Da una parte, Spirito tenta di mettere in luce i pericoli del conformismo e si sofferma su questioni contingenti. Discute di inquinamento, recensisce un film di Tinto Brass (La vacanza) e uno di Liliana Cavani (L'ospite), tuona contro la demagogia e contro la scuola (Università: un letamaio), anatomizza la partitocrazia, critica la democrazia (Il mito del numero) e infine esonda dai margini del politicamente corretto quando con puntigliosità si sofferma sulla parità dei sessi e sull'aborto («La legislazione del passato è stranamente tutta informata a una concezione inverosimile. L'aborto, cioè, è considerato esclusivamente in rapporto alla donna e alla madre. Il padre non esiste o non entra nella discussione»).
Dall'altra, intuendo l'alterazione antropologica che l'irruzione della globalizzazione trascina con sé, non circoscrive l'analisi a casi particolari e non si limita a descrivere i cambiamenti negli usi e nei costumi ma tenta di strutturarne un quadro teorico. Seppur accenna al movimentismo giovanile, alla contestazione studentesca negli Stati Uniti negli anni Cinquanta e in Europa nel Sessantotto, legge la «controcultura» come una sorta di romantica fuga dalla realtà, l'idea di «vivere fuori della famiglia, senza tetto e senza denaro» che, estesa alle masse di tutto l'occidente prono al consumismo, è destinata almeno in quelle forme - ad esaurirsi in breve tempo. Spirito preconizza il futuro. C'è infatti ben altro dietro quei sommovimenti visto che sta per nascere una società che attraverso lo sviluppo delle scienze applicate - che oggi noi identificheremmo attraverso la neurofarmacologia, la biotecnologia, la genomica o la robotica - si avvia a passi veloci al postumanesimo. In quei frangenti le masse stavano per liberarsi dai contrappesi della tradizione. Qui, la doppia lettura del fenomeno che porterà alla pubblicazione con Augusto Del Noce di Tramonto o eclissi dei valori tradizionali?... per Spirito, prospettiva senza alcuna soluzione di continuità, e quindi ridefinibile solo nel concetto di eclisse. Ne La trasformazione della morale cristiana, testo del 1968, ne aveva anticipato gli assunti: «se il discorso comune è quello della scienza e della tecnica, occorre ovviamente che con questo discorso si unifichi qualunque altro discorso, a cominciare dal discorso religioso».
La scienza, con la sua capacità unificante, è infatti la nuova metafisica. Più che alla filosofia - che sembra oramai superata egli guarda all'interconnessione dei saperi. Ma se nel 1973 ripone fiducia nella futurologia, quattro anni dopo, alla luce dell'evidenza storica, ammette l'impossibilità di pensare a tali processi col proposito di guidarli perché il cosmo diventato troppo grande per guardarlo nella sua integrità. L'attività esploratrice non è di carattere individuale ma impegna una collettività, con uno sforzo interdisciplinare e con competenze delle più varie scienze: «All'uomo si aggiunge un'attività superumana da lui stesso creata, che ne aumenta a dismisura la capacità di azione. Ma la scienza dell'uomo, oggi, è già pervenuta a un grado di ambizione infinitamente superiore nella direzione del superuomo. E questo ulteriore cammino è segnato dall'ideale di trasformare biologicamente lo stesso organismo umano intervenendo nel suo processo di formazione e di sviluppo fin dalle prime manifestazioni dell'embrione».
All'apparenza si muove su un tracciato di tipo progressista nel momento in cui consegna alla società globalizzata e quindi alla morale metafisica di tipo scientifico l'ufficio di sradicare il male dalla terra e di superare la fase della civilizzazione europea contraddistinta dal marchio cristiano-cattolico. Ma in controluce traspare sempre una vena di malinconia e di arrendevolezza quando sfiora i giudizi di valore ed è quindi difficile definirlo un nichilista puro o tantomeno un millenarista.
Breschi lo definisce rivoluzionario che attende, che guarda. Spirito amò invece definirsi «un incosciente». Per una certa fase aveva avuto fiducia nel fatto che essendo i valori tradizionali e religiosi imperniati sull'individualismo, la rivoluzione scientifica avrebbe potuto scardinare questa potenza e ricreare un collettivismo globale, di riformare una sorta di neocomunismo.
Si trovò invece spiazzato dall'evidenza dei fatti perché con il progresso scientifico si era ampliato ancora di più l'individualismo planetario e quindi dovette ammettere la necessità dell'inazione: «Siamo soltanto all'inizio dei problemi di fondo e non abbiamo ancora coscienza delle trasformazioni necessarie».
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