"Tanta gavetta prima della tv. Il nostro X Factor è la tenacia"

La band vincitrice del talent di Sky con milioni di voti: "Per anni abbiamo cercato i discografici senza risposta"

"Tanta gavetta prima della tv. Il nostro X Factor è la tenacia"

Ventotto milioni di voti popolari ne fanno l'edizione più «democratica» di sempre: una parte fondamentale di questi voti sono andati a loro, i Soul System, vincitori dell' X Factor numero 10 a colpi di r'n'b, soul e hip hop. Per la band ripescata (dopo l'addio clamoroso dei Jarvis), allevata dal giudice Alvaro Soler, coccolata dal pubblico e innalzata sul massimo podio del talent show di casa Sky da uno straordinario consenso ora comincia il lavoro vero.

Ma la fatica non ha mai spaventato questi cinque ragazzi italiani neri dentro, e per quattro quinti pure fuori. D'altronde Leslie (26 anni), Samuel (28), Alberto (37), David (23) e Joel (26) sono del Nord-Est, tutti tra Brescia e Verona, terre dove si nasce già con le maniche rimboccate. A dimostrazione che chi sta dietro i tamburi e alle spalle dei compagni vede sempre le cose più chiaramente, è il batterista Alberto a dire la grande verità: «Eva, Rochelle e Gaia (le altre concorrenti, ndr) erano tutte bravissime. Ha semplicemente vinto chi ha sbagliato di meno. E noi, che prima di arrivare in tv vivevamo già di musica e suonavamo ogni sera, il palco non l'abbiamo temuto». Di più, se lo sono mangiato.

Ci state dicendo che, anche per tentare un X Factor, si deve partire da musicisti fatti e finiti?

(Joel) «Forse non completamente, senza dubbio però la musica deve già essere parte integrante di te. Al talent devi arrivarci perché ami profondamente la musica, non perché vuoi esibirti. Quando X Factor ci ha ripescato dopo l'eliminazione agli Home Visit ci siamo guardati negli occhi e ci siamo detti: se ci andiamo, e rinunciamo a tutto, dobbiamo arrivare in finale».

Rinunciare a cosa?

(Samuel) «Stavamo suonando moltissimo in Sardegna, 40 concerti in 45 giorni. Io ero quello che insisteva per non partire, mi hanno convinto gli altri».

E ora chi sentite di dover ringraziare?

(Joel) «Il destino, i nostri genitori, Alvaro Soler, che ci ha preparato e protetto e che l'altra sera, in finale, ci ha comunicato a sorpresa di volerci insieme a lui nel suo prossimo tour. Anche Manuel Agnelli, un esempio: ha detto parole molto importanti per noi. E X Factor stesso: in passato avevamo mandato tonnellate di mail a case discografiche, nessuna ci ha mai risposto. Qui abbiamo guadagnato un profilo discografico. E naturalmente vanno ringraziati i Jarvis, di cui abbiamo preso il posto: subito dopo aver vinto Alberto ha cliccato mi piace sulla loro pagina Facebook».

Italianissimi, neri di origine ghanese, internazionali nel sound: la vostra vittoria può essere un simbolo?

(David) «Sicuro. Musicalmente e non solo. Abbiamo vinto cantando in inglese. L'italiano potremmo usarlo, chissà, in qualche duetto con altri artisti. Ma pensiamo di poter servire anche con la nostra storia: i nostri genitori sono venuti dal Ghana, hanno fatto lavori umili, hanno cominciato a raccogliere frutta poi sono diventati operai, hanno fatto sacrifici continui e hanno voluto che diventassimo italiani al 100%. Noi ora sentiamo il dover di fare il passo successivo, cercare di realizzarci. Ma alla musica ci siamo arrivati alla fine: ognuno di noi ha fatto di tutto: pulizie, saldatori a catena, contabili in sale slot, bancari».

La musica ti cambia la vita?

(David) «No, è la tenacia, il lavorare sodo che te la cambia. Molti ragazzi neri che vivono in Italia, alcuni anche italiani, hanno la sensazione di non poter realizzarsi qui. Noi siamo qui a dire loro che ce la si può fare: milioni di italiani ci hanno votato».

Da domani che si fa?

«Il nostro compito è quello di divertire la gente, essere bravi musicisti e bravi cittadini».

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