"Torno a essere Petra per mettere in scena la libertà e la solitudine"

L'attrice interpreta di nuovo la detective che si batte contro il crimine a Genova

"Torno a essere Petra per mettere in scena la libertà e la solitudine"

Dura e dolce al tempo stesso, come il suo nome (Petra Delicato). Intuitiva e ironica ma sensibile, come la sua interprete (Paola Cortellesi). E le somiglianze fra personaggio e interprete sembrerebbero finite qui. «Paola, come Petra, ha una rapidità di ragionamento che implica intelligenza e produce ironia analizza la regista Maria Sole Tognazzi- In questo le due sono uguali. Ma solo in questo».

Quanto basta, però, perché dopo il successo della prima stagione Petra -tratto dai romanzi di Alicia Gimenez-Bartlett- torni da stasera alle 21,15 su Sky Cinema, per altri quattro episodi diretti dalla Tognazzi. E perché la sua interprete riprenda a tratteggiare la ruvida, spigolosa e contraddittoria ispettrice della mobile di Genova, affiancata dal vice ispettore Monte (Andrea Pennacchi) al quale lo lega una reciproca stima, forse foriera di ulteriori sviluppi.

Signora Cortellesi: non le capita spesso di tornare sul luogo del delitto, vero?

«È vero: per indole non sarei portata a convivere a lungo con lo stesso personaggio. Ma questa seconda stagione l'ho fortemente voluta perché Petra è un personaggio che cresce, in ogni nuovo episodio. Quest'anno, poi, cresce anche Monte: incontrerà un amore inatteso e finirà per indirizzare altrove le attenzioni che un tempo aveva solo per Petra. Così per la prima volta lei si sentirà trascurata, soffrirà di solitudine. Petra, paladina della libertà ad ogni costo -anche a costo della solitudine- ora si ritrova sola sul serio».

Un tema, questo della solitudine, molto trattato anche nei romanzi originali.

«È inevitabile che Petra la viva. La libertà comporta delle rinunce, e lei ha rinunciato a curarsi del giudizio degli altri. La conseguenza è questa: ritrovarsi sola. Una libertà che costa. Ma alla quale tiene troppo».

Ora finalmente può dircelo: c'è mai stato amore fra Petra e Monte? Potrà mai esserci?

«Con gli sceneggiatori ne abbiamo parlato a lungo. Diciamo che fra i due c'è stato (e forse continuerà ad esserci) un amore platonico. Quel tipo di sentimento che non comporta noie o insofferenze -gli aspetti negativi della convivenza, insomma- mentre invece fa condividere proprio ciò che, normalmente, un partner non sopporta: i problemi del lavoro. I due si ritrovano la sera a parlare di lavoro come altri parlerebbero di viaggi o vacanze».

Dalla Barcellona dei romanzi la vostra Petra è sbarcata a Genova. Una trasposizione che funziona.

«Non conoscevo Genova ma la trovo perfetta. È una città di mare come Barcellona, ha anch'essa quartieri ricchi e zone degradate, luoghi che sembrano scenografati senza esserlo affatto, e che la regia di Maria Sole Tognazzi sa esaltare. Credo non sarebbe stato possibile trovare un set migliore di questo».

In questa serie lei ha collaborato alla sceneggiatura. E presto diverrà anche regista.

«Iniziai a mettere mano alle sceneggiature quando mio marito Riccardo Milani divenne regista; la prima volta lo feci già con Scusate se esisto. E l'ho fatto perché sentivo la necessità di raccontare più in prima persona, raccontare figure o storie che mi riguardavano, e che invece nessuno mi proponeva. Il mio primo film dovrei girarlo nel 2023, è in fase di preparazione : il titolo non c'è ancora, ne sarò autrice e protagonista, oltre che regista. Ma non sarà un cambio di passo, rispetto al mestiere di attrice. È solo che finalmente mi hanno proposto di raccontare una storia in prima persona. E io ho accettato con gioia».

Un'altra occasione per fare del cinema con uno sguardo al femminile, secondo la vulgata imperante?

«Sarò schietta. Le risponderò con le stesse parole della mia regista, Maria Sole Tognazzi. Mi auguro che lo sguardo femminile non venga più nominato, a proposito di un film. Che una regista non debba più sentirsi definire regista donna.

Quando queste formula spariranno, vorrà dire che il problema stesso della disparità sarà stato superato. Perché non conta se dietro la cinepresa c'è un uomo o una donna; conta chi è quell'uomo, chi è quella donna. Non preoccupiamoci da chi vengono raccontate le donne. Ma come».

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