"La verità non si decide ad alzata di mano"

Il professor Giulio Giorello in un'intervista del 2017 uscita su il Giornale. "Al consenso della maggioranza preferisco il dissenso delle minoranze intelligenti"

"La verità non si decide ad alzata di mano"

Ripubblichiamo qui uno stralcio di una lunga intervista a Giulio Giorello realizzata da Gianluca Barbera e uscita sul Giornale il 3 maggio 2017. L'intervista faceva parte di una serie di incontri con i grandi pensatori italiani contemporanei: una mappa del pensiero filosofico di oggi composta da 13 interviste ad autorevoli esponenti della disciplina.

Se dicessi che ogni teoria o legge scientifica, anche la più accreditata, è provvisoria; ossia che è solo in attesa che un'altra venga a soppiantarla, direi una inesattezza?

«Rispondo con le parole del grandissimo matematico Bruno de Finetti, il creatore della concezione soggettivistica delle probabilità: Si hanno, di quando in quando, delle scoperte che contraddicono quelle stesse concezioni che la Scienza aveva assunte come propri fondamenti (ed...) erano assurte così quasi al valore di dogmi. Sotto l'assillo della crisi si sviluppano allora concezioni nuove che si affermano al posto delle concezioni di ieri divenute false; sulla nuova base si appoggia la nuova Scienza fino alla prossima crisi. Non si potrebbe definire la questione in modo migliore!».

Secondo alcuni, a partire dalla meccanica quantistica, a inizio del secolo scorso, la fisica ha smesso di essere una scienza esatta per diventare probabilistica, perlomeno nel mondo dell'infinitamente piccolo. Che ne pensa?

«Il carattere intrinsecamente probabilistico della fisica quantistica è il punto distintivo della scuola di Copenaghen e di Gottinga. Ma è noto che non sono mancati autorevoli critici, a cominciare proprio da uno degli iniziatori della nuova fisica, Albert Einstein. Chi non ricorda la sua battuta: Dio non gioca a dadi col mondo? La sua sfida a quella che era divenuta celebre come l'interpretazione ortodossa, anche se il grande avversario di Einstein, il danese Niels Bohr, detestava qualsiasi impiego del termine ortodossia nella scienza, è stata portatrice di importanti sviluppi per la fisica del nostro Novecento. E non solo, lo scisma Bohr-Einstein, come è stato chiamato, è stato anche un esempio di una profonda controversia filosofica».

Partendo dall'idea che nessun esperimento scientifico è in grado di dimostrare in modo incontrovertibile la validità di una teoria scientifica, Wittgenstein scriveva: «Che il sole sorgerà domani è solo un'ipotesi». Come mai tutto questo non mina la fiducia che riponiamo nella scienza?

«Wittgenstein riecheggiava David Hume e Bertrand Russell. Sono abbastanza convinto anch'io che domani il sole sorgerà, ma mi guarderei da qualsiasi certezza assoluta. La scienza ci consegna una rete di ipotesi, ma questo è il bello del teorizzare! Perché le ipotesi della scienza sono incessantemente sottoposte a controlli di osservazione e di esperienza e qui sta anche la rilevanza per lo sviluppo tecnologico. Ma tale rilevanza è un indizio che siamo su una buona strada, e di nuovo non una conquista assoluta. Altrimenti, non solo non ci sarebbe più crescita della conoscenza, ma nemmeno progresso della tecnica».

Secondo Lei la scienza oggi si pone dei limiti ricercando solo le verità che ritiene alla sua portata o tenta ancora di spingersi oltre? Origine, infinito, eternità, fine ultimo, anima: non è forse vero che la scienza scappa a gambe levate davanti a simili interrogativi?

«La scienza è anche capace di regolare le proprie ambizioni. Non cerchiamo più il moto perpetuo dopo decenni di termodinamica. Proprio un grandissimo fisico come Enrico Fermi spiegava in alcune esemplari lezioni di quella disciplina che anche la consapevolezza di una impossibilità può essere un bel risultato. La scienza non scappa a gambe levate dai problemi importanti: lavora, semmai, a ridefinirli in un contesto adeguato per arrivare a soluzioni controllabili empiricamente. Anche, talvolta, come avviene quando si parla di infinito in matematica o di origine delle specie nella teoria dell'evoluzione». (...)

Secondo Lei in che rapporto stanno democrazia e verità, specialmente in un'epoca, quella della connessione globale e dei social, che qualcuno ha etichettato come l'era della post-verità?

«La verità scientifica non si stabilisce per alzata di mano. Lo spiegava già Galileo Galilei nel suo Saggiatore (1623). Diffidare sempre del consenso della maggioranza; preferisco il dissenso delle minoranze (intelligenti)».

Nel futuro ci sarà ancora posto per il Dio cristiano e per le religioni in genere?

«Se nel futuro non ci sarà posto per il Dio delle religioni rivelate, sarà perché è stato assassinato dai fanatici e dagli intolleranti che dicono di appartenere a tali religioni».

Qual è il ruolo della filosofia oggi? Si può ancora credere nella filosofia come pratica di vita, com'era alle origini, o ormai è solo una faccenda da specialisti?

«La filosofia è, oggi più che mai, una

pratica di vita. In Italia abbiamo sedicenti filosofi che sproloquiano di metafisica o si perdono in sterili esercizi di filosofia del linguaggio. Facciano pure; qualcuno, però, dirà loro che essi non sono Wittgenstein».

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