Wagner al conte Gobineau: "Parsifal è delle sue Razze"

Il grande musicista apprezzò il "Saggio" del francese. Che lesse mentre lavorava al suo ultimo capolavoro

Wagner al conte Gobineau: "Parsifal è delle sue Razze"

Nel 1881, Richard Wagner è immerso anima e corpo nella conclusione del Parsifal (la prima sarà l'anno successivo). Ma in quel pullulare di attività creativa, non solamente musicale, trova il tempo per concentrare le sue letture verso un autore che, proprio in quegli anni, definì «il solo scrittore originale che io conosca». Eppure, il Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane del conte Arthur de Gobineau, considerato il fondatore del razzismo moderno, era esaurito da più di dieci anni. Ma è proprio attorno all'opera dell'aristocratico e diplomatico francese che si condensarono le attenzioni del compositore tedesco. Lo testimonia un carteggio appena pubblicato, Corrispondenza 1880-1882 (Aragno, pagg. 180, euro 15), contenente le lettere intercorse tra Wagner (nella stragrande maggioranza dei casi attraverso la moglie Cosima) e Gobineau.

Da qui inizia questo interessantissimo viaggio, dal gennaio 1881, quando Cosima, dopo un confronto col marito, rivela subito al saggista francese: «Poche persone credo siano in grado di seguirvi come noi». A Gobineau, i Wagner, sempre tramite la penna di Cosima, proposero una collaborazione al periodico Bayreuther Blätter: «Questi fogli sono stati fondati per servire da comunicazione tra mio marito e la piccola associazione cosmopolita che s'è data come scopo le rappresentazioni annuali delle opere di mio marito sul suo teatro. È per questi fogli che vi pregherò di scrivere, e vi rinnovo la mia richiesta a nome di mio marito. Non consentireste a esprimere le vostre idee sulla razza o sulla storia o su una qualsiasi epoca, o sul nostro tempo e la sua senilità fanfarona? Io sarei ben lieta di tradurre il vostro lavoro e la nostra famiglia di amici sarebbe onorata di sentire la vostra parola». Gobineau rispose pochi giorni dopo senza indugi («Niente mi preme di più che di scrivere con voi, quello che vorrete come lo riterrete utile, non appena potrò scrivere e non dimenticate che sono wagneriano di tutta volontà»), rammentando però a Cosima di procurarsi, «e di leggerlo», il suo saggio sulle razze.

Wagner inizia la lettura del libro attraverso alcuni estratti contenuti in una monografia dedicata a Gobineau, mentre la moglie intesse rapporti col suo libraio (ebreo) per la ricerca di una copia integrale: nel frattempo, Gobineau fa recapitare a Casa Wagner uno dei quattro volumi innescando, con i Wagner, un confronto sui primi contenuti dell'opera. Il 27 marzo, addirittura, Wagner viene «distolto dalla partitura»: «Parsifal - annuncia Cosima - è stato messo da parte per seguirvi. Non potrei mai dirvi abbastanza quanto amiamo e ammiriamo quest'opera»; e ancora, il 10 aprile: «Noi continuiamo a vivere con l'Essai, ci troverete completamente imbevuti delle vostre idee»; e il 5 maggio: «Mio marito è tutto vostro, sempre leggendo le Races quando non le mette in scena».

Se tra i due, però, vi è convergenza di visione, divergenze iniziano a manifestarsi in merito alle conseguenze: se per Gobineau, infatti, non vi è possibile freno alla degenerazione dell'umanità, per Wagner, invece, questo è possibile grazie alla «redenzione» del sangue germanico come testimonia, del resto, il coevo Parsifal. Ciononostante, i rapporti non si guastano mai, anzi, fino alle ultime lettere Cosima si prodiga per favorire una seconda edizione del Saggio e i toni rimangono sempre reverenziali: «Dite mille cose tenere al maestro da parte mia», scrive Gobineau il 12 agosto.

Nel giugno 1882, però, se la corrispondenza da parte del conte non cessa, quella di Cosima Wagner si dirada: sono gli affannosi mesi del debutto di Parsifal. L'ultima lettera di Gobineau è datata 18 agosto 1882: morirà di lì a poco, il 12 settembre, a Torino. Cosima, invece, risponderà all'amico il 5 settembre, al termine del ciclo di rappresentazioni del Parsifal a Bayreuth, dal 26 luglio al 29 agosto, garantendo ancora una volta: «Adesso sono immersa nei bagagli mentre mio marito rilegge l'Essai sur les races».

Wagner, dunque, non mollò mai il saggio di Gobineau. Quel testo, però, cadde poi nell'oblio.

La sua riscoperta avvenne grazie a chi lo tradusse in tedesco, Ludwig Schemann, che confessò: «Wagner fu il primo ad avermi parlato di Gobineau e su un tono straripante di entusiasmo. Mi sembra che Wagner mi abbia condotto verso questo solitario e mi abbia detto: Salvalo». Ma, come scrive nella Prefazione il curatore del volume, Vito Sorbello, «Si sa, gli assenti hanno sempre torto, e i morti pure».

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