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Wertmüller, Oscar alla carriera: "Grazie, sto guardando la tivù..."

La regista celebrata dall'Academy. Ma lei non sembra farci (troppo) caso. Quando le femministe attaccavano i suoi film

Wertmüller, Oscar alla carriera: "Grazie, sto guardando la tivù..."

«L' unica cosa da dire è: Grazie», dice con indifferenza Lina Wertmüller, sdraiata sul divano della sua bella casa alle spalle di Piazza del Popolo, dove un po' di lusso romano ancora si respira. «Sto guardando la tivù, non so nemmeno che cosa sto vedendo. Mi piazzo davanti alle immagini e guardo», strascica lei con voce arrochita.

Con usuale imperturbabilità, la regista novantenne reagisce così alla notizia che riceverà l'Oscar alla carriera, il 27 ottobre. In compagnia di David Lynch, Wes Studi e Geena Davis, la nostra Lina verrà omaggiata dalla Academy of Motion Picture Arts&Sciences. Eppure, non gliene potrebbe fregare di meno, stando alla sua flemma: fa il primo caldo, la stanchezza di Cannes è lenta a smaltirsi e lei comunque resta la prima donna a essere candidata all'Oscar, nel 1977, per Pasqualino Settebellezze. In anni difficili, da noi, quando Nanni Moretti, all'epoca astro nascente, vomitava bolle blu al solo sentirla nominare... Meno male che quell'epoca è finita e l'ostracismo della gauche cinematografica, nei confronti di grandi autori come lei e come Franco Zeffirelli, ormai fa sorridere. Proviamo a stuzzicarla, comunque. Si ricorda di quando Nanni Moretti la ostracizzava? Il tempo è galantuomo, no? «Mah, io a queste cose non ci ho mai pensato. Sono poco sensibile a questo tipo di cose: ho poco interesse. Io, niente, sto qui e guardo qualcosa». Inutile insistere: la Wertmüller, ancorché raggiunta da mille telefonate degli amici americani, pronti a congratularsi, resta sdraiata sul sofà come Paolina Bonaparte. Riceverà l'Oscar «perché si è distinta in modo straordinario lungo la sua carriera» e perché «ha dato un contributo eccezionale al cinema». Ovvio che a una pioniera come lei, la prima vessillifera del cinema femminile ben fatto, proprio mentre imperversava il piagnisteo del cinema impegnato e la prima a richiedere, in primis, la bellezza agli attori - «Se uno è bello, ha da esse' pure bravo?», la sua fulminante battuta la notizia dell'Oscar non scuce un baffo.

Guardando indietro, però, e senza rabbia, perché Lina è sempre stata una donna appagata di sé e del suo lavoro, riluce un'irruzione selvaggia sulla scena dei Settanta politicamente corretti: Mimì metallurgico ferito nell'onore (1972) e Pasqualino Settebellezze (1975), entrambi con un Giannini seducente e talentuoso, sono film comici, erotici, tragici, spiazzanti. E la gente faceva la fila per vedere uno di quei film dai titoli così lunghi e così divertenti. Alla faccia di Mao. E vogliamo parlare del look di Lina, dei suoi occhiali bianchi da gatta e da artista anticonvenzionale, che ne hanno fatto un'icona? Pensare che aveva lavorato con Federico Fellini, sul set di 8 e mezzo: roba seria, dunque. Zitta zitta, la regista de I basilischi nel tempo ha affrontato da iconoclasta i temi oggi di moda. Immigrazione, razzismo e lotta di classe. Chi non ricorda Mariangela Melato che faceva la sciura milanese, in apparenza contrariata dalla brutalità del suo schiavo terrone (Giannini, come sempre) in Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (1974)? Mariangela abbronzatissima, Giancarlo villoso e villano. Ma che coppia d'assi, galvanizzati da Lina che fu tacciata di sessismo dalle solite femministe arrabbiate. Le stesse che oggi, sulla carta, dovrebbero gioire per lei. «Ai tempi, risposi alle femministe che non avevano capito il film», spiega laconica Lina. Gli americani - che come dice lei, grazie a Dio le hanno sempre voluto bene - ne capirono subito la verve internazionale da slapstick comedy, dove tutto può succedere. In allegria. Eppure Hollywood, ancor oggi, è dominata dai maschi.

I produttori, i registi, gli sceneggiatori di fascia alta portano i pantaloni e non li ha smossi il movimento #MeToo, risoltosi in una bolla di sapone. Come quelle che Moretti faceva colare dalla bocca, scandendo: «Lina Lina Wertmüller» e schifandosi. Altro che gender.

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