Di Bottecchia che novant'anni fa vinse il suo secondo Tour consecutivo sa tutto. Di Gimondi che a 22 anni vinse cinquant'anni fa il suo Tour si ricorda tutto alla perfezione. Di Nibali che quest'anno va alla ricerca di un difficilissimo bis pensa solo un gran bene: Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, numero uno di Mapei e per un decennio a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila patron della squadra ciclistica più forte del mondo, non vede l'ora che inizi la Grande Boucle, la corsa che più ama e che forse gli ha anche lasciato maggiormente l'amaro in bocca.
«Non l'ho mai vinta, ma in quegli anni c'era un ciclismo molto diverso da quello di oggi e, soprattutto, c'era Lance Armstrong. Ricordo ancora quando all'allora presidente Hein Verbruggen denunciai per primo il problema del doping ematico e lui intimò di non far più correre la mia squadra, sostenendo che erano solo visioni contorte della realtà. Poi si è visto come è andata a finire».
Se è per questo lei disse anche chiaramente che a pane e acqua non si poteva finire sul podio del Tour…
«E per questa ragione Armstrong andò su tutte le furie, tanto da chiamarmi in azienda e non trovandomi si fece passare qualcuno della famiglia. Solo Veronica, mia figlia, sa gli improperi che dovette ascoltare da quella bella personcina. E pensare che fino a quel momento Veronica era una sua incallita tifosa».
Sabato parte il Tour, lo seguirà?
«Certamente. Farò in modo di ritagliarmi qualche spazio per potermi godere le tappe più importanti in santa pace. Come sempre».
Sulla carta le piace il percorso?
«Molto bello, forse per la prima volta non c'è una settimana monotona».
Il suo favorito?
«Io spero in Nibali, è un ragazzo che non ho avuto ancora il piacere di conoscere e so che ha dichiarato che se io tornassi nel ciclismo gli piacerebbe correre per noi. Posso solo dire che la stima è reciproca, e mi piace un sacco. Non sarà facile per Vincenzo bissare il successo di un anno fa, perché nella storia del ciclismo di italiani che sono riusciti a vincere due Tour consecutivi c'è stato solo Ottavio Bottecchia, nemmeno Bartali e Coppi sono riusciti a tanto».
Nemmeno Felice Gimondi...
«Dopo Coppi il mio favorito. Avevo ventidue anni quando Felice vinse quel Tour, fu un'emozione pazzesca».
Presidente, ma nel ciclismo pensa di non tornare più?
«Intanto noi come Mapei siamo ancora molto vicini al ciclismo, tanto è vero che siamo "main sponsor" dei mondiali. Abbiamo un centro di ricerca e medicina sportiva che di ciclismo si occupa quotidianamente, oltre che di altri sport. Ma come sa, da qualche anno siamo impegnati nel calcio. Abbiamo il problema Sassuolo e, anche se non ho una visione temporale precisa, nei prossimi quattro-cinque anni non mi vedo lontano dal calcio. Però come si dice in questi casi, mai dire mai».
Perché dice problema Sassuolo?
«Perché l'impegno è importante e per restare a grandi livelli e migliorarsi, lo sforzo da compiere è notevole. Quindi, in momenti come questi, è un problema».
Al Tour, di chi deve avere paura Nibali?
«Non deve sottovalutare nessuno, ma in
particolare Alberto Contador. Nonostante abbia corso e vinto il Giro, e quindi sia quello che parte con le gambe più stanche, lo vedo come il corridore più intelligente e imprevedibile del gruppo: come Vincenzo del resto».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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