Armstrong: «Voglio vincere facendo business»

Armstrong: «Voglio vincere facendo business»

Monza A lui non piace correre, ma camminare (anche se a Milano gira con una Ferrari, ma quella è una questione di stile). Però, a Monza, dovrà almeno accennare a una maratona per riportare in auge la squadra che attualmente galleggia in Seconda Divisione intruppata in un gruppone a due punti dal trio di testa e, magari, con il tempo regalarle una serie A mai conquistata in 100 anni di storia. Anthony Armstrong Emery, inglese, uno dei più importanti player nel campo dell'edilizia civile al mondo (la sua finanziaria, EcoHouse Group, ha un fatturato di 1,4 miliardi di dollari) e nuovo patron dell'Ac Monza Brianza 1912, non ha fretta. Il calcio «è qualcosa che mi rilassa e mi libera dallo stress lavorativo» e, attualmente, una sfida. «Volevo investire in una società che potesse fare gol con me, che non avesse successo, altrimenti non ci sarebbe stato nulla di avvincente». Ecco spiegato un investimento da milioni di euro, voluto in Italia perché qui tutto è passione. Perché, «qui sono il signor presidente, anche se dovrò stare attento a comunicare con i tifosi. Le mie scelte, infatti, potranno risultare discutibili ma io, come un meccanico, devo rimettere in funzione un motore rotto - ha spiegato l'imprenditore -. Quando sono arrivato ho trovato 30 allenatori, davvero ridicolo. Monza è per me un business e qualsiasi tipo di business richiede persone efficienti».
Oltre lo staff, Emery ha almeno altri due interventi urgenti da fare. «Nei prossimi 24 mesi ristrutturerò lo stadio Brianteo e lo completerò con infrastrutture che possano ospitare un centro di medicina sportiva all'avanguardia. Inoltre, voglio che lo stadio sia multiuso, che venga aperto anche in settimana per concerti, conferenze, mostre, school tour e così via». L'altra operazione, invece, riguarda il settore giovanile. «Forse trasferirò dalla squadra che posseggo in Brasile, l'Alecrim, un centravanti. Poi punterò tutto sul settore giovanile, perché nei prossimi anni non voglio perdere tempo a cercare giocatori qua e là. Voglio formali qui, in quella che sarà riconosciuta come un'accademia internazionale».
Nel frattempo, ha varato altri progetti: la nuova maglia e una campagna contro il razzismo con lui stesso raffigurato quasi come lo Zio Sam e affisso su manifesti e locandine per tutta Monza. E niente grandi sponsor. «Io non ho bisogno di soldi. Se passa questo messaggio, se il Monza dimostra forza e produce risultati, gli investitori si faranno avanti da soli». Ecco quindi che sulla maglia biancorossa ha fatto mettere la scritta «Stop racism», perché «come presidente e ancor più come essere umano continuerò a combattere per tutto quello in cui credo e che ritengo giusto, quindi contro il razzismo e la violenza». Un messaggio anche ai tifosi “intemperanti”: «Se la Serie B o la Serie A sono gli “oggetti” dei loro desideri, dei loro sogni, allora queste persone devono iniziare a comportarsi in maniera più matura e corretta».


Insomma, più che un patron, il Monza ha trovato un imperatore, che rispetterà il ruolo degli allenatori ma che, se ce ne sarà bisogno, penserà in prima persona a scuotere e motivare i propri giocatori, anche all'interno degli spogliatoi. Un imperatore che già punta ad altre società sportive cittadine. È questo quello che serve all'Italia del calcio?

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