Non guardate la classifica ufficiale. Non è vero, è un'ipnosi, è un effetto ottico, è un miraggio, non ha vinto Caster Semenya come invece sembra, ha vinto Melissa Bishop, canadese, record del suo Paese che è grande e maestoso, 1 minuto 57 secondi e zero due negli 800 metri donne e donne e donne. Triplice sottolineatura perché doverosa e perché la ragazza ha messo l'anima eppure nell'ordine d'arrivo, quello purtroppo vero e finale, ha concluso solo quarta, medaglia di legno, giù dal podio, immeritatamente perché in fondo la prima donna al traguardo era lei. Solo lei.
Eppure no, è un miraggio appunto, è un effetto ottico appunto, un errore, per certi versi anche un'ingiustizia, qualcosa che non va e che prima o poi andrà risolta, regolamenti e controlli alla mano. Tre donne che sembrano uomini hanno infatti dominato e fatto quel che volevano degli 800 e sono d'oro e d'argento e di bronzo e si chiamano Caster Semenya, sudafricana, Francine Niyonsaba, burundiana, Margaret Wambui, keniana.
Tempi ottimi, ma non eccezionali, perché Caster (1'55''28) ha imparato a navigare nelle polemiche per cui non ha abusato dei muscoli maschi che possiede per mettere dietro le altre e le due atlete africane che, come lei, si portano in spalla dubbi sul reale sesso, dubbi e certezze su pseudoermafroditismi vari e cose simili. Non avrebbe avuto senso per Caster infierire e andare a cercare in modo plateale il record del mondo che sappiamo totalmente alla sua portata. Sarebbe stato ingenuo, eccessivo, offensivo farlo proprio nell'olimpiade con tutti gli occhi e le perplessità addosso. Meglio così per lei, intelligente la ragazza o il ragazzo o tutte e due.
Meglio così per lei o lui ma
non per le altre vere lei che fin quando non si metterà finalmente mano a questa confusione non potranno mai veramente vincere. Potranno solo farlo come Melissa. Giù dal podio. In fondo vincitrici nel nostro cuore. Solo lì.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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