Il Tour li ha messi nuovamente tutti in scacco, come sempre. Non si muove foglia che il Tour non voglia, e in questo periodo di restrizioni per Covid-19, dove l'attività ciclistica è paralizzata come ogni cosa, e nel frattempo si ragiona su una ripartenza, la Grande Boucle tiene in scacco tutto il movimento ciclistico. Non c'è altra disciplina che possegga questo potere, che abbia questo peso. Non c'è nell'atletica, nel basket o nella pallavolo, per arrivare al calcio, un evento che condizioni in maniera così chiara e profonda il proprio sport.
Circolano da settimane bozze di calendario, con il Tour posizionato prima ad agosto, adesso sempre molto più insistentemente a settembre (il nuovo programma prevede la partenza da Nizza il 29 agosto e la conclusione a Parigi il 20 settembre), con il nostro Giro pronto a scendere per le strade del Belpaese ad ottobre (nel periodo dal 3 al 25, questa l'intenzione degli organizzatori), mentre la Vuelta potrebbe finire a novembre, ma sono tutti discorsi virtuosi per non dir virtuali, come discutere sul sesso degli angeli.
Tutto ruota attorno al Tour de France e questa non è una novità. È un dato di fatto al quale ormai tutti si adeguano, dall'Uci in giù. Tutti aspettano che la curva pandemica scemi, che l'emergenza coronavirus venga in qualche modo ridimensionata, poi si attenderà il pronunciamento della Grande Boucle, che tutto governa e tutto dispone senza trasformare. Non lo dicono a chiare lettere, ma il primo tassello che va sistemato è il loro: il Tour deve scegliere il periodo e la data, il resto poi verrà da sé.
«Stiamo lavorando affinché il progetto Giro prenda vita ad ottobre, ma siamo tutti un po' lì alla finestra, perché fin quando non si conosce il programma del Tour, è difficile mettere giù una bozza di calendario - ci spiega Mauro Vegni, direttore del Giro d'Italia -. Noi, in ogni caso, stiamo ragionando su ottobre, con la speranza che la situazione sanitaria vada migliorando, perché questo è il requisito minimo necessario».
In questo clima di parole, dove ognuno ha la propria verità, c'è chi ipotizza un Tour di tre settimane, e un Giro e una Vuelta di due. «È semplicemente una pazzia - ribatte senza tanti giri di parole Vegni -. Se il Tour sarà ridotto a due settimane, allora anche noi siamo disposti a fare lo stesso sacrificio, altrimenti non si discute nemmeno». E un Giro d'Italia a porte chiuse? «Noi lavoriamo per il momento solo ad un progetto: Giro a porte aperte - aggiunge Vegni -. È chiaro che ci saranno delle regole, delle indicazioni sanitarie ben precise da seguire, questo è pacifico, ma al momento il Giro è una manifestazione che dovrà essere aperta, anche perché dovrà essere simbolo di ripartenza e rinascita di un intero Paese, che sta patendo gravi danni economici, soprattutto a livello turistico».
E l'ipotesi, per nulla remota, di non poter organizzare nessuna manifestazione l'avete presa in considerazione? «È chiaro che la preoccupazione c'è, ma stiamo ragionando con ottimismo e fiducia: dobbiamo ripartire. Voglio e vogliamo essere ottimisti».
Le grandi classiche, invece, potrebbero essere collocate ad ottobre: «Sanremo il 20, Strade Bianche il 28, il Lombardia il 31 Sono ipotesi, ma tutto è condizionato a dove si andrà a collocare il Tour». E torniamo da dove siamo partiti: la prima mossa tocca al Re (Tour), gli altri per il momento sono in scacco.
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