Il Cio riapre a metà le gare per i russi. "Sui Giochi si deciderà"

Il via libera per partecipazioni individuali, senza simboli, vale solo per le qualificazioni

Il Cio riapre a metà le gare per i russi. "Sui Giochi si deciderà"

E guerra sia. La controversa decisione del Cio di riammettere atleti russi e bielorussi alle competizioni internazionali, e quindi a quelle che valgono come qualificazione olimpica, ha rifilato un fiero calcione ai ricordi del passato (Germania e Giappone scontarono i loro peccati dopo le due guerre) e alle istanze degli atleti che hanno posto l'out: non tutti ovviamente, ma un gruppo di oltre 300 schermidori è un buon avamposto di protesta. Anzi, stavolta, fan pensare a guerra che tira guerra: un brutto segnale per il movimento. E se nel corso del Novecento l'ideologia si modellò intorno a tre concetti (pacifismo, universalismo/internazionalismo, apoliticità), stavolta il Cio si è trovato immerso in un mondo, addirittura in quello dei suoi atleti, che non vuol saperne di parole piene di vuoto. Si racconta che, nel conflitto, siano morti oltre 250 atleti, l'ultimo è un pugile ucraino di 22 anni, Maksym Galinichev, argento ai Giochi olimpici giovanili. I deputati di Kiev sono andati oltre, facendo trasparire il pericolo che qualche atleta possa essere ucciso durante i Giochi.

Naturalmente la decisione («All'unanimità» vien sottolineato) scandita da Thomas Bach, è ammantata di furbate e perfin di una via di fuga così esplicitata dal presidente ex schermidore: «Per le Olimpiadi di Parigi e Milano-Cortina la scelta verrà fatta al momento opportuno. Per ora gli atleti potranno partecipare alle qualificazioni olimpiche in Asia». Soluzione scivolosa assai: i boicottaggi occidentali sono dietro l'angolo, pur se la Germania ha lanciato un segnale chiaro dicendo no al boicottaggio. Il Cio ha aggiunto alcune restrizioni: partecipazione a titolo individuale, senza inno né bandiera, non ci saranno squadre, l'atleta non dovrà essere legato alle Forze Armate o di Sicurezza e non dovrà aver dato appoggio, attraverso dichiarazioni pubbliche, alla guerra in Ucraina. Infine, e qui Ponzio Pilato diventa un dilettante, non sarà direttamente il Cio a decidere sulla partecipazione di russi e bielorussi, ma le varie federazioni valuteranno «caso per caso» se invitare gli atleti. Quest'ultima postilla servirà a svelenire la rabbia degli oppositori, ma eviterà conflitti con le federazioni che hanno già dato il consenso a russi e bielorussi. Valga per il tennis, ma soprattutto per la boxe il cui presidente è russo, in perenne conflitto con il Cio anche sulle questioni arbitrali (l'ultima dice che l'Iba vuol portare il Cio in tribunale), e per la scherma fin al 2022 guidata da un russo. Sarà più duro tener botta alle federazioni (atletica per esempio) che invece hanno messo al bando gli atleti di quei Paesi.

Per rassicurare tutti, Bach ha garantito di non aver avuto contatti con Putin, ma gli sarà difficile rispondere ai campioni del suo sport del cuore (è stato oro nel fioretto a squadre a Montreal 1976) che gli hanno scritto: «È un errore catastrofico, con totale disprezzo per le voci degli atleti». Si sono espressi 323 schermidori, 286 in attività, tra questi gli italiani Luigi Samele e Erica Cipressa. La lettera ricorda che, oltre ai morti, «sono andati distrutti 343 impianti, costretto 40mila atleti a fuggire all'estero e lasciato 140mila giovani senza opportunità di allenamento». Insomma non sono più i tempi in cui Jack Dempsey, campione della boxe, esortava ad invitare atleti giapponesi e tedeschi alle Olimpiadi 1948. Diceva: «Fateci fare più sport e si avranno meno guerre. Non si può andare avanti conservando rancori, per quanto si possano odiare».

Visione condivisa anche da certi dirigenti. C'è stato un momento storico, in tempo di guerra fredda, in cui l'Urss ha cercato nei Giochi la riconciliazione fra due mondi. Oggi è proprio un altro mondo: il Cio non parla più nemmeno la lingua dei suoi atleti.

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