
Per guadagnare il prossimo mondiale - che resta la linea del Piave del calcio italiano dopo le due dolorosissime esclusioni - non ci resta che piegare la resistenza della Norvegia e liquidare le altre tre rivali di basso profilo (Moldavia, Israele ed Estonia) tra giugno e metà novembre prossimi. Non è impresa scontata. E ne è consapevole lo stesso ct Luciano Spalletti, insignito ieri del Tapiro d'oro: «Ora sarà più dura per il Mondiale ma vado avanti con questo gruppo nonostante quello che si dice. Per quel gol preso (il secondo, ndc), il Tapiro ci sta bene. Nello spogliatoio ai ragazzi ho detto che dovevano rendersi conto di ciò che stavamo facendo e che mi sarei aspettato una reazione».
Ok l'ottimismo di facciata ma in quali condizioni arriverà il calcio italiano alla scadenza? Perché la sfida numero uno con la Norvegia (in viaggio) è fissata per venerdì 6 giugno, in pratica alla conclusione della lunghissima ed estenuante maratona calcistica che prevede nelle tappe precedenti la finale di coppa Italia (14 maggio a Roma e il mini blocco interista potrebbe essere coinvolto) e la finale di Champions (a Monaco di Baviera) sabato 31 maggio (idem come sopra). Non solo. Gli altri appuntamenti del girone I sono in agenda tra settembre e novembre quando chiuderemo proprio contro la Norvegia, in casa, il lungo viaggio di avvicinamento al mondiale 2026.
Per cogliere meglio il peso complessivo del calendario pazzo, c'è da segnalare anche altre due date che riguardano Inter e Juve, quindi una parte consistente della rosa azzurra di Spalletti: 14 giugno-13 luglio, cioè il mese dedicato al mondiale per club voluto dal presidente della Fifa Infantino da disputare negli Usa, dall'altra parte del mondo. Di qui il quesito: come si presenteranno i nostri eroi alla sfida con la Norvegia che può già orientare il destino della Nazionale?
Al ritorno da Dortmund si può essere, a seconda dei punti di osservazione, inguaribili ottimisti per la rimonta nella ripresa oppure cinici pessimisti per via dello sciagurato primo tempo scandito da errori, distrazioni e comportamenti immaturi come in occasione del secondo gol regalato alla Germania su calcio d'angolo mentre Donnarumma da capitano - usciva dalla porta a chiacchierare con i suoi e con l'arbitro come si può fare solo in una sfida tra scapoli e ammogliati.
Quale affidabilità può garantire un gruppo che si comporta in modo incostante, che brucia qualche giovane talento (il caso di Daniel Maldini) e che alla fine si ritrova salvato dalle prodezze balistiche di un ragazzo come Moise Kean, poco considerato per il digiuno patito alla Juve nonostante i gol ritrovati in numero industriale con la maglia della Fiorentina? La risposta è tutt'altro che scontata. Nel frattempo non possiamo nemmeno sperare che si faccia largo una nuova generazione. Gli ultimi arrivati a Coverciano (Casadei, Ricci, Lucca) non sembrano, per ora, garantire chissà quali traguardi.
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