Proviamo, quasi per gioco, a replicare il metodo semi-scientifico che viene di solito utilizzato per identificare un numero ristretto di allenatori adatti a un club. Nel caso specifico del Milan, argomento che fa molto discutere in questi giorni, si possono ipotizzare almeno tre parametri: 1) capacità conclamata di saper lavorare con un team giovane di virtù tecniche e temperamentali non ancora completamente espresse; 2) avere un costo economico - staff compreso - compatibile con i parametri del bilancio rossonero; 3) avere un profilo con relativa esperienza internazionale. Se così fosse davvero mancherebbe il dato forse più importante e cioè una conoscenza approfondita del calcio italiano e delle sue dinamiche. Dev'essere allora questo il motivo per il quale nella lista ipotizzata dai media per la panchina rossonera compaiono solo e soltanto stranieri. E qui non c'è solo il riferimento a Lopetegui, sul conto del quale c'è stata una sollevazione popolare mai registrata dalle parti di Milanello a tal punto da sorprendere l'interessato, ma anche agli altri profili inseriti nell'elenco a partire da Fonseca, Van Bommel e Conçeicao. L'unica eccezione sul punto potrebbe risultare il nome di Thiago Motta che però tutti gli esperti riconoscono ormai quale promesso sposo di Giuntoli con la Juve e che tra l'altro rappresenta una via di mezzo: nato in Brasile è italiano a tutti gli effetti, per conoscenza e frequentazione del campionato e vestito tra l'altro l'azzurro della Nazionale dal 2011 al 2016. Un tiepido sondaggio con il tecnico del Bologna avvenne a fine 2023 dopo l'uscita dal girone di Champions, a gennaio ripartì la marcia di Pioli e i contatti furono sospesi.
La domanda finale è la seguente: perché non c'è un esponente della scuola di Coverciano? Se a casa Milan per motivi ideologici e non calcistici è stato depennato Antonio Conte e a pesare su Roberto De Zerbi ci sarebbe la clausola che appare e scompare a seconda delle fonti interpellate, la spiegazione è elementare.
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