Jannik Sinner ci ha sorpresi anche stavolta, perché dopo mesi di agiografia con fazzolettoni annessi, ci ritroviamo a dire una cosa che qualcuno prenderà come blasfemia tennistica: ha sbagliato. Capita ovviamente, non è nulla di terribile, soprattutto quando hai 22 anni e il mondo che si spalanca davanti a te. Però, anche se parlare il giorno dopo è sempre facile, l'evidenza dei fatti lo condanna: non avrebbe dovuto giocare a Madrid, o quantomeno avrebbe dovuto disputare quel paio di match che si era ripromesso in un periodo in cui la palestra veniva prima di tutto. E invece:
1) Il dolore all'anca nel match vinto con Kotov doveva essere il segnale, ma il tabellone in discesa lo ha probabilmente ingolosito. Un campione non scende mai in campo per rinunciare a giocare, altro è il fatto che all'angolo qualcuno doveva decidere per lui. Simone Vagnozzi lo ha misurato, in quel match, nella difficoltà, però il successivo ottavo di finale con Khachanov doveva essere evitato. Non ricapiterà, perché l'esperienza insegna
(ed infatti, non è un caso, Djokovic a Madrid
non ci è andato).
2) A parte il dispiacere, Roma comunque resta sempre Roma: si annunciano Internazionali da record e sarebbe ingiusto ora mettersi mediaticamente in lutto facendo sfregio del tennis italiano. Dietro Sinner, nonostante qualche difficoltà attuale (Musetti, Sonego, Berrettini) di giocatori per divertirci
e da tifare ne abbiamo. Ribadirlo proprio ora è un segno di rispetto per Jannik, per i nostri ragazzi e per gli organizzatori.
3) Nessuno è perfetto, nemmeno
Jannik per fortuna. Per un volta ha usato di più il cuore che la testa, l'istinto invece della ragione. Proprio per questo ci piace ancora di più. E ce lo ricorderemo quando, in un lontano futuro, gli agiografi spariranno.
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