Crocevia nel deserto a caccia della svolta tra l'incompiuta Juve e il "nuovo" Milan

Conceiçao sfida il figlio al debutto. Thiago Motta teso sul caso pareggite

Crocevia nel deserto a caccia della svolta tra l'incompiuta Juve e il "nuovo" Milan
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È la semifinale con minor numero di certezze e il maggiore tasso di curiosità. Perché questo Juve-Milan, innanzitutto, arriva qualche mese dopo quello di campionato definito una sfida di grande bruttezza. 0 a 0 senza emozioni, senza squilli con un finale polemico firmato da Fonseca che si ribellò alla narrazione. Disse: «Abbiamo pareggiato con la Juve ma per me è una sconfitta e per la Juve un successo». Stasera la curiosità è legittima per una serie di buoni motivi. Primo: per capire se ha procurato un qualche effetto, sia pure soltanto nervoso, o magari anche strategico, l'arrivo di Sergio Conceiçao, sulla panchina che fu di Fonseca. Non ha il meglio a disposizione (Leao ancora fuori, Pulisic e Musah recuperati ma non ancora al meglio e con un ridotto numero di minuti a disposizione). «Non posso cercare scuse» ammette subito l'interessato, protagonista di qualche cambiamento nei metodi di allenamento (doppia seduta anche ieri) e in particolare di una comunicazione che parla più alla testa che ai muscoli dei suoi. «Ho trovato un gruppo umile che ha voglia di fare, non sono bambini ma uomini» sottolinea il portoghese con l'intento di cui sopra. Effetto, per ora, garantito anche dalle parole di Maignan: «Ci dà una grande carica il nuovo allenatore, il momento giusto è domani, non prima e non dopo». Sembra più filosofia che calcio e forse non c'è molto altro su cui fare affidamento se non sul rientro, a pieno regime, di Bennacer e sulla probabile virata verso il 4-3-3. Uno come Conceiçao, che va in conferenza con la febbre, non può emozionarsi nemmeno davanti al figlio Francisco («Spero di essere più felice io alla fine»).

Anche la nuova Juve di Thiago Motta si trascina dietro una cospicua dose di curiosità. Perché non ha mai perso in campionato né in coppa Italia, una sola sconfitta in Champions (con lo Stoccarda) e per questa tendenza al pari (11 in campionato) riceve qualche critica velenosa a cui Thiago risponde con malcelato fair play. «Non è vero che la Juve non vince mai» scandisce bene perché si capisca che il suo è un lavoro non programmato per l'immediato ma per il futuro come ripete anche lo stesso ds Cristiano Giuntoli. «Voglio vincere ma niente ossessione» chiarisce ancora il tecnico che insegue proprio contro il Milan la migliore versione di noi stessi. E lo fa evitando di parlare di Tomori («non è un calciatore della Juve») forse perché ha capito che con l'avvento del nuovo tecnico portoghese non c'è molta disponibilità alla cessione dell'inglese.

Tra stasera e nei prossimi snodi si giocherà ogni tre giorni e ci sarà bisogno proprio di tutti, specie con qualche indispensabile turn over. E infatti proprio Locatelli, promosso capitano dopo l'esclusione dalla rosa di Danilo diretto probabilmente a Napoli, fa sapere che «è pronto a giocare anche in difesa e sono orgoglioso di prendere la fascia».

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