Dai Giochi al Mondiale. Stano non è... strano che sia sempre d'oro

Strepitoso trionfo per Massimo Stano nell'inedita 35 km di marcia che ha sostituito l'infinita 50. Un azzurro non saliva sul gradino più alto del podio addirittura dal 2003

Dai Giochi al Mondiale. Stano non è... strano che sia sempre d'oro

Atletica italiana in processione alla chiesa del purgatorio insieme alla gente di Palo del Colle per accarezzare un'altra medaglia d'oro del marciatore Massimo Stano, l'unica italiana in questo mondiale che sembrava stregato per i reduci della settimana tutta azzurra in Giappone. Dopo la vittoria olimpica di Tokio sui 20 chilometri ieri è stato ancora lui a liberarci dall'incubo. Lo aveva promesso, ha mantenuto e anche dopo 35 chilometri di battaglia, senza mai bere, ma soltanto lavandosi la tensione che mai ha scalfito la sua tecnica perfetta, abluzioni in marcia nella passeggiata inferno iniziata alle 6 del mattino sotto il cielo di Eugene.

Caro sport italiano ascolta i messaggi che arrivano dalla tradizione. Nei giorni del risveglio mondiale nella scherma ecco la marcia salvifica che regala i suoi campioni ad un'atletica che nel mondiale sembrava sperduta fra infortuni e delusioni, tenuta in vita dal bronzo nell'alto della Vallortigara, risentita con i millesimi e i centimetri per le medaglie di legno di un leonino Tamberi, per la promessa del martello Fantini, il triplo del futuro rappresentato dal piacentino Della Valle finito davanti al bergamasco di origini nigeriane Ihemeje che studia proprio nell'Oregon.

Fra tanti rimandati che sperano di rifarsi a ferragosto negli europei in Baviera, un giardino più ristretto e forse più adatto, contando i 10 entrati fra i primi otto per ribellarsi a chi aveva già messo l'atletica nel sottoscala, serviva andare dietro alla preghiera di Stano, poliziotto pugliese classe 1991, evolutosi dopo microfratture, problemi seri, soste e ripartenze, nel cerchio magico del capitano Persepece a Castelporziano. Anche in tempi dorati li hanno sempre chiamati puzzapiedi. Per noi hanno sempre profumato di verbena.

Stano ha cavalcato una gara che sembrava impazzita per la fuga di Matsunaga, un giapponese, la terra che ha sempre ispirato il marciatore nato a Grumo Appula, rubato al mezzofondo dal maestro Zaccheo. Lui ha tenuto insieme il gruppo dei predestinati, dando il ritmo. Quando il fuggiasco è andato in tilt dopo 20 chilometri, nel territorio misterioso voluto da chi cerca di stravolgere tutto per il famoso spettacolo da offrire fregandosene di storia e liturgia sportiva, della 35 chilometri messa per cancellare l'epica 50 selezione bella e crudele. Prima i sudamericani, poi il cinese, infine i più temuti: lo svedese Perseus Karlstrom, già medaglia nella 20, non resisteva al ritmo infernale di Stano, pestando l'uva prima di accontentarsi del bronzo festeggiato con elmo da vighingo nel torrido, poi era un altro giapponese, l'elegante Kawano a cedere, un metro, due, abbastanza per inchinarsi al samuarai pugliese che chiudeva la sua battaglia dopo 2 ore 23'14, gara nuova record scolpiti, rischiando un crampo per prendersi la bandiera tricolore da sventolare sul traguardo, pronto a girarsi verso il rivale battuto caduto a terra per sollevarlo e abbracciarlo.

Lo ha fatto a Tokio, lo ha rifatto a Eugene e come alle Olimpiadi non si è dimenticato di moglie, figlia, allenatori, società, ma, soprattutto di Antonella Palmisano, campionessa olimpica assente per infortunio a questi mondiali, ma ispiratrice anche nella viglia nella telefonata dove hanno pensato e cantato sapendo come sarebbe andata.

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