Dall'emiro Zac a Lippi cinese una coppa d'Asia all'italiana

Al via oggi ad Abu Dhabi una manifestazione che può diventare una prova generale per i Mondiali in Qatar

Dall'emiro Zac a Lippi cinese una coppa d'Asia all'italiana

Dal risiko geopolitico al pallone che rotola, il passo è breve. La Supercoppa italiana dirottata in Arabia Saudita il 16 gennaio è solo parte di un mosaico in cui la penisola araba allunga le mani sul grande calcio. Quasi fosse un edulcorante da contrapporre a tensioni, polemiche e intrighi di potere. Gli Emirati Arabi Uniti, dopo aver ospitato le ultime due edizioni del Mondiale per club, da oggi sino al 1° febbraio saranno il teatro della prima Coppa d'Asia a 24 squadre. Sei gironi, cinque milioni di dollari in palio, tre stadi ad Abu Dhabi, due a Dubai, uno a Sharijah. Per chi guarda oltre, assomiglia molto a una prova generale del Mondiale assegnato al Qatar nel 2022. Nell'ipotesi di allargamento da 32 a 48 squadre, appena rilanciata dal presidente della Fifa Gianni Infantino, c'è la necessità di estendere la manifestazione in programma fra tre anni ai Paesi vicini con le infrastrutture necessarie e la dovuta spartizione dei dividendi. Mal digerita però da realtà che vivono forti tensioni internazionali.

Intanto la Coppa d'Asia ricomincia dall'Australia campione a Sydney quattro anni fa. L'impressione è che ci si muova su un confine labile dove il torneo che prende il via oggi allo stadio Sheikh Zayed di Abu Dhabi, con la sfida tra padroni di casa e Bahrein, riflette i delicati equilibri su un rettangolo verde. Lo stesso giorno in cui a Gedda si sfideranno Juventus e Milan, a duemila chilometri di distanza Iran-Iraq s'incontreranno a Dubai, riportando alla mente il conflitto degli anni Ottanta. Il giorno successivo l'Arabia Saudita incrocerà il Qatar proprio nel pieno del gelo sull'asse Doha-Riad, senza dimenticare la guerra con lo Yemen, una delle tre Nazionali esordienti in Coppa d'Asia con Kirghizistan e Filippine. I valori tecnici finiscono per mescolarsi alle rispettive situazioni politiche, sul cartellone è in programma anche Palestina-Giordania, inserite nel girone della Siria che dallo strazio della guerra è arrivata a sfiorare la qualificazione all'ultimo Mondiale.

Il c.t. più pagato del torneo è il nostro Marcello Lippi, rinfrancato dai 23 milioni di euro annui, ma alle prese con l'ambizione del gigante Cina e l'operazione su vasta scala avviata dal presidente Xi Jinping. Prima del passo d'addio a fine torneo, il tecnico campione del mondo è chiamato a sfidare le big continentali candidate al successo finale come Corea del Sud, Australia, Iran e Giappone. I samurai giapponesi ripartono dal beffardo 3-2 subito dal Belgio agli ottavi in Russia e questo trofeo lo hanno già vinto 4 volte, l'ultima nel 2011 con Alberto Zaccheroni selezionatore, che ora per ironia della sorte siede sulla panchina dei padroni di casa emiratini. Le altre vecchie conoscenze nostrane alla guida delle nazionali asiatiche sono Hector Cuper con l'Uzbekistan, Sven Goran Eriksson da pochi mesi con le Filippine e lo sloveno Srecko Katanec con l'Iraq a ventotto anni di distanza dallo scudetto vinto con la Sampdoria. Il cittì più discusso però allena la Siria e risponde al nome di Bernd Stange, settantenne tedesco che arriva dalla Sassonia.

L'ultimo a offrirgli un lavoro è stato Bashar al-Assad, ma è già passato dalle corti di Lukashenko in Bielorussia, Saddam Hussein in Iraq e ancora prima dalla Germania Est di Erich Honecker. Per un periodo è stato anche al servizio della Stasi, la polizia segreta della Ddr. Il passo verso un pallone che rotola è proprio breve.

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