Eroi dello sport che allenano i giovani a non dimenticare

L'esempio di vita degli atleti che hanno combattuto orrori fra guerre e persecuzioni

Eroi dello sport che allenano i giovani a non dimenticare
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Qual è l'attimo magico in cui la storia di un personaggio diventa il personaggio della Storia?

La domanda si ripropone alla fine di ogni capitolo di A futura memoria. Storie di sport, lezioni di vita (Minerva) scritto da Adam Smulevich e Massimiliano Castellani, ponendosi un obiettivo ambizioso eppure pienamente raggiunto: «Allenare i giovani alla memoria». Gli adulti, secondo la visione degli autori, sono coach storiografici incaricati di non far dimenticare gli orrori di cui l'uomo è stato (ed è) capace: guerre, persecuzioni razziali, lager, stermini; un carico di sofferenze che non risparmia gli atleti (poco importa se famosi o sconosciuti), anzi li usa per veicolare messaggi di solidarietà di cui lo sport «dovrebbe» farsi volano. Così dalle pagine di A futura memoria partono una ventina di frecce che centrano l'anima.

Spiega la coppia Smulevich-Castellani: «In un precedente libro, Un calcio al razzismo. Venti lezioni contro l'odio lì raccontate e tutte giocate su un campo di pallone, avevamo lasciato in panchina una serie di storie di sport che ora ci è sembrato giusto proporre. Lo facciamo in altrettante lezioni, con l'unico scopo di difendere a oltranza la Memoria. Questa, secondo noi, è la sfida più importante. Specie in un tempo in cui l'odio mina costantemente il valore del ricordo e della verità storica». Un viaggio lungo le stazioni del cuore di piccoli e grandi eroi usciti dalle trincee dell'ordinario per addentrarsi oltre il filo spinato del destino. I pugili ebrei di Roma che reagirono coraggiosamente alla persecuzione nazifascista; la ginnasta ungherese Ágnes Keleti, simbolo di resilienza contro i totalitarismi del Novecento; la maratoneta ucraina Valentyna Veretska, profuga di guerra, che ha corso sotto le mura di Gerusalemme per lanciare il suo messaggio di speranza. E gli italiani? Ci sono anche loro. E alcuni sono insospettabili. Dell'attività «salva-ebrei» di Bartali, già sapevamo.

Ma alzi la mano chi immaginava di imbattersi nel dramma esistenziale di un talentuoso cestista azzurro che avrebbe lasciato la palla a spicchi per divenire un campione del cinema italiano: Vittorio Gassman; lui, «il mattatore, apparentemente forte come la roccia, non superò mai lo choc di un angosciante segreto di famiglia: due parenti della moglie, Luisa Ambron, deportate e uccise in campo di sterminio durante l'orrore antisemita. Trama da film. Perfetta per un Gassman.

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