Eroi, Paese unito, Pil su, Europa con noi. Una festa esagerata. E se avessimo perso?

Ovunque celebrazioni del trionfo così grandi che ora spaventa pensare a cosa sarebbe successo in caso di sconfitta: "I soliti italiani inaffidabili..."

Eroi, Paese unito, Pil su, Europa con noi. Una festa esagerata. E se avessimo perso?

Il brivido che arriva a caldo non blocca i muscoli, non congela i nervi, non paralizza, non scava dolore dentro il corpo. Quello che arriva a freddo, sì. Perché il corpo non è pronto. Noi eravamo pronti domenica sera a farci attraversare dai mille brividi della gioia quando Gigio Donnarumma ha parato l'ultimo rigore senza accorgersi di aver vinto l'Europeo. Eravamo pronti a urlare e scoppiare di felicità assieme agli azzurri in campo e in tv, all'improvviso tutti fratelli abbracciati e sconosciuti a riempire le piazze. Ed eravamo pronti a risvegliarci pieni di stanchezza ed entusiasmo il lunedì, a deambulare fra case e uffici con addosso la fierezza dimenticata di un tempo, caldissimi nel seguire il pullman azzurro neppure fosse stato l'unico mezzo in un giorno di sciopero, dritti con i pugni sul petto nell'ascoltare le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, del nostro premier Mario Draghi. Non siamo pronti però, oggi, a domandarci, dopo quest'orgia azzurra preludio o certificazione di rinascita nazionale, leadership europea, balzo in economia di sette punti, non siamo pronti a chiederci che cosa sarebbe successo se, invece, mestamente e semplicemente, avessimo perso.

Eccolo, il brivido a freddo. Quello che fa male, paralizza, ecco la doccia gelata, l'incubo evitato, la stilettata che apre gli occhi e in tutta la sua schietta crudeltà fa capire quanto abbiamo rischiato. Perché se tanto è l'orgoglio del trionfo, tanta sarebbe in queste ore l'umiliazione. Se alla lotteria dei rigori fosse uscito il numero perdente, all'improvviso saremmo un Paese meno unito? O incapace «di fare squadra e lavorare insieme...» giusto per ricordare e ribaltare le parole di plauso agli azzurri del capo dello Stato? Oppure, pensando all'intervento del premier Mario Draghi, saremmo un esempio «del sistema Italia» però al negativo, però, diavolo, avete visto, non portiamo mai a termine le cose...

Mentre noi, il popolo, festeggiavamo in piazza l'orgoglio sportivo di una Repubblica fondata sul lavoro e il calcio, tanti e tali sono stati gli extra valori caricati sulle spalle degli azzurri che la prossima volta andranno a tirare i rigori con qualcosa di ben diverso da reggere: l'opprimente consapevolezza che in caso di sconfitta non sarà solo un Mondiale o un Europeo perso, ma la fine del mondo. Anche perché, visto come abbiamo celebrato la vittoria, i brividi a freddo che già ci attraversano e infilzano pensando a come avremmo vissuto la sconfitta, diventano ghiaccio secco lungo la schiena se solo guardiamo oltre i confini, a cosa avrebbero detto, scritto e fatto gli altri dell'Europa unita che avevano affidato a noi il compito di lavare l'onta della Brexit e difendere il Continente. Che cosa avrebbero scritto al posto di Meravigliosi e Invicibili? Forse, ah, les italiens, mai fidarsi... E giusto perché il brivido diventi insostenibile, riflettiamo per un solo istante sui simpatici inglesi. Quelli che in caso di sconfitta le medaglie se le tolgono, quelli che s'inginocchiano razzisti contro il razzismo, quelli che menano e si ubriacano, quelli che i reali non rendono onore ai trionfatori.

Visto il superiority complex che li pervade e l'arroganza della vigilia, vista l'antisportività nella sconfitta, non c'è brivido che tenga: il solo pensiero di una loro vittoria è un incubo. Come l'immagine di un signore biondo e spettinato che prima fa la Brexit e poi torna, strappa il cuore all'Europa e ringrazia l'Italia.

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