Torino - Settanta giorni, dal 23 settembre al 1 dicembre. E il mondo di Federico Gatti è cambiato radicalmente. Gli era già successo nell'estate 2022, quando la Juventus lo aveva prelevato dal Frosinone strappandolo al Toro, dove aveva peraltro già giocato nelle varie categorie giovanili prima di andare in giro per le minors da cui non sai mai se un giorno riuscirai a emergere. Invece, il ragazzone di Rivoli ce l'aveva fatta: lo aspettava la Signora, per la classica occasione della vita. Da prendere al volo, certo: atteggiamento giusto, piedi un po' ruvidi e fisico da granatiere (195 cm per 90 kg), Allegri come mentore e uno spazio pian piano crescente. Poi, appunto, arriva il 23 settembre: quinta di campionato, bianconeri impegnati a Reggio Emilia contro il Sassuolo, prima e unica sconfitta stagionale.
Quattro gol al passivo, l'ultimo dei quali fantozziano: protagonista proprio Gatti, con un destro da fuori area che avrebbe voluto essere un passaggio a Szczesny, in realtà fuori porta e non di poco. Juve in bambola, Gatti pure e chissà chi a quel punto avrebbe immaginato che la stessa Signora settanta giorni dopo - si sarebbe trovata in testa alla classifica aspettando l'esito di Napoli-Inter. Con Gatti tornato titolare, senza che la squadra abbia più perso e il morale più che mai a mille. Ciliegina sulla torta, dopo avere già trovato la via del gol nel derby contro il Toro (la squadra per la quale tifa tutta la sua famiglia), la rete del 2-1 segnata nel recupero del match di Monza quando ormai il pareggio sembrava cosa fatta: «I compagni mi amano? Vivo per loro, darei tutto per la mia seconda famiglia le sue parole . Il nostro legame è strettissimo, io devo solo pensare a lavorare».
Va da sé che nel frattempo sia diventato l'idolo del popolo bianconero: grezzo e magari anche un po' rude, tracimante energia e passione, arrivato quasi dal nulla come aveva fatto un certo Torricelli ai tempi di Trapattoni allenatore.
Non un fuoriclasse, ma giocatore vero al punto da essere oggi il quinto giocatore di movimento più utilizzato da Allegri: simbolo, in definitiva, di una squadra poco appariscente ma terribilmente concreta. E, almeno fino a stasera, prima in classifica.
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